festa-performance-djset
8 marzo // ore 21.30 // DAMSLab
partecipazione gratuita
This Must Be the Place è una serata tutta al femminile, dedicata alle nuove generazioni italiane. La performer afrotrap Maryam Rouass, che canta di integrazione e diritti delle donne, la graphic designer e handlettering artist, Ferdaous Harfi, sperimentatrice di intrecci tra calligrafia araba e italiana, la fashion blogger, Wissal Elloubab, interessata a estendere l’attenzione sulla tradizione del velo nella cultura musulmana, muovono i primi passi nella scena artistica incarnando il volto vitale di un’Italia nuova e interculturale. Presenta la giovanissima cantante afroitaliana e ecofemminista Mary Martins.
Segue dj-set al femminile delle Hellviras a cura di Neu Radio.
In collaborazione con Next Generation Italy
Prima nazionale
8 marzo // ore 20.30 // DAMSLab
10 marzo // ore 17 // DAMSLab
a seguire incontro con Fatoumata Bagayoko condotto da Prof.ssa Cristiana Natali, antropologa culturale del Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università di Bologna. Coordina Piersandra di Matteo. L’incontro è realizzato in collaborazione con l’Associazione Centro Studi politici e sociali “G. Donati”.
posti limitati, prenotazione consigliata
“Ho deciso di raccontare un evento a cui ho assistito più volte. Porto i segni della sua prevaricazione sul mio corpo. Una cicatrice, una marca irreversibile che terrò per sempre con me. Ne voglio fare un atto di protesta”. Con una breve performance solista, dai tratti simbolici e rituali, la giovane coreografa maliana Fatoumata Bagayoko conduce lo spettatore a fronteggiare la (sua) mutilazione genitale. Dolore, paura, rabbia si fanno danza e parole in cui è inscritto il danno indelebile dell’infibulazione.
In lingua bambara sovratitolato in italiano
Durata: 25 minuti
info e prenotazioni: info@atlasoftransitions.eu, 320 7498596
concezione, coreografia e performance Fatoumata Bagayoko
musica Strange Way, Manuel Wandji
soundscape e voice-over Fatoumata Bagayoko
disegno luci Hermann Coulibaly
collaborazione artistic Bienvenue Bazié, Régine Chopinot, Lacina Coubaly, Serge Aimé Coulibaly, Lila Greene, Fatou Traoré & Francis Viet
produzione Compagnie Jiriladon / C'est comment
con il supporto di Ankata, Simply The Best & Eeg-Cowles Foundation
Prezzi
€ 5 biglietto unico
di Stefano Savona - Italia-Francia 2018 | (128’)
5 marzo // 20 // Cinema Lumière, Cineteca di Bologna
Da quando la piccola Amal è tornata nel suo quartiere, ricorda solo un grande albero che non c’è più. Un sicomoro su cui lei e i suoi fratelli si arrampicavano. Si ricorda di quando portava il caffè a suo padre nel frutteto. Dopo è arrivata la guerra. Amal e i suoi fratelli hanno perso tutto. Sono figli della famiglia Samouni, dei contadini che abitano alla periferia della città di Gaza. È passato un anno da quando hanno sepolto i loro morti. Ora devono ricominciare a guardare al futuro, ricostruendo le loro case, il loro quartiere, la loro memoria. Sul filo dei ricordi, immagini reali e racconto animato si alternano a disegnare un ritratto di famiglia prima, dopo e durante i tragici avvenimenti che hanno stravolto le loro vite in quel gennaio del 2009, quando, durante l’operazione ‘Piombo fuso’, vengono massacrati ventinove membri della famiglia.
Massi e Savona si sono formati lontano dal mondo del cinema romano, con percorsi di ricerca autonomi e lunghi. Tutti e due sono esponenti di un cinema ‘di resistenza’; Massi da eremita nelle sue Marche, Savona da inesausto viaggiatore. I loro percorsi artistici si sono incrociati per raccontare la storia dei Samouni, una famiglia palestinese della periferia rurale di Gaza decimata dai bombardamenti israeliani d’inizio 2009. Documentario e animazione si mescolano: mentre Savona entra nella realtà presente dei sopravvissuti, al chiaroscuro dei disegni di Massi è affidata la rievocazione del tragico passato. Premiato come miglior documentario all’ultimo festival di Cannes.
versione originale con i sottotitoli in italiano
In collaborazione con Cineteca di Bologna
Prezzi
€ 5 biglietto unico
di Ahmed El Maanouni, Marocco 1978 | 90’
4 marzo // 20.15 // Cinema Lumière, Cineteca di Bologna
Alyam Alyam parla di sogni infranti e delle circostanze che hanno condotto al crollo della società tradizionale, della forza che nasce dalla disperazione e dello spietato consumarsi di generazioni perdute. Tutto questo è sottolineato, fin dalle prime note della musica d’apertura, dall’ossatura dell’edificio stranamente vuoto che si riempie via via di persone, dallo spazio del villaggio, dal silenzio della donna errante che fuma, fino all’ultima inquadratura del film, con la folla che spunta da dietro una collina deserta. I sogni di una società che si indebolisce, incapace com’è di conservare le risorse che potrebbero aiutarla a sopravvivere, si rispecchiano nella preghiera indifesa della madre: “Ho bisogno della tua ombra, ho bisogno della tua luce, ho bisogno del tuo viso”.
Volevo semplicemente mostrare i volti dei braccianti, onorare i loro suoni e le loro immagini, i loro silenzi e le loro parole, ed è per questo che ho scelto di non interferire e di contenere al massimo la composizione, i movimenti e la regia. Ho cercato di minimizzare la capacità della macchina da presa di distorcere, esprimere giudizi o discriminare. Volevo che ciascun aspetto fosse presentato equamente. Non cercavo la bellezza spettacolare, ho fatto in modo che il mondo rurale si esprimesse visivamente attraverso l’astrazione e il silenzio. Riguardando Alyam Alyam, quasi quarant’anni dopo, mi ritrovo ancora nelle mie intuizioni e nelle mie scelte estetiche, anche se non posso fare a meno di osservare come dall’inizio alla fine – dalle sequenze d’apertura con il sangue versato dai cammelli alla folla di contadini che spunta da dietro le colline – tutto sembrasse presagire la tragedia vissuta oggi dalle migliaia di migranti i cui sogni spezzati giacciono abbandonati sul fondo del Mediterraneo, tragedia che sembra stranamente risuonare nella voce di Larbi Batma del gruppo musicale Nass El Ghiwane: “Alyam Alyam, che tempi erano quelli! Perché ti crucci? Chi ti ha fatto cambiare? Eri dolce come il latte, ora sei amaro. Amo tutti gli uomini come fossero miei fratelli. I miei fratelli mi hanno schiacciato. Metterò a tacere il mio dolore e darò voce al mio amore”. Ahmed El Maanouni
versione originale con i sottotitoli in italiano
In collaborazione con Cineteca di Bologna
Prezzi
€ 5 biglietto unico
Prima nazionale
3 marzo // ore 17 // Teatri di Vita
a seguire un dialogo tra la studiosa di teatro e dramaturg Rossella Menna e Dorothée Munyaneza
prenotazione consigliata
Samedi Détente è il titolo di un popolare programma radiofonico che Dorothée Munyaneza ascoltava in Ruanda da bambina, prima che il genocidio devastasse il paese. I fantasmi che la abitano da allora rivendicano il diritto di manifestarsi. Ma com’è possibile raccontare lo sterminio di 800.000 persone compiuto in soli 100 giorni? Come il dolore della bambina di fronte alla cieca violenza può dialogare con lo sguardo della donna che ricorda da un porto sicuro? Quali parole sanno farsi carico della condizione di essere stati testimoni oculari?
In un lavoro poetico, capace di mescolare ricerca acustica, narrazione e presenza corporea, Munyaneza attraversa una storia, la sua, che non può contenere se non a costo di prenderla di mira, inseguendo i tracciati della propria memoria localizzati nello spazio e nel tempo.
In francese sovratitolato in italiano
Durata: 75 minuti
info e prenotazioni: info@atlasoftransitions.eu, 320 7498596
in collaborazione con Teatri di Vita
concezione e coreografia Dorothée Munyaneza
con Nadia Beugré, Alain Mahé, Dorothée Munyaneza
occhio esterno Mathurin Bolze
disegno luci Christian Dubet
scenografia Vincent Gadras
costumi Tifenn Morvan
direttore di palco Marion Piry
tecnico luci Marine Levey
tecnico del suono Valérie Bascja
direttore di produzione Anahi - Emmanuel Magis, assistenza Rachel Allary
produzione Kadidi Company con il supporto di Anahi/Emmanuel Magis
coproduzione Théâtre de Nîmes– scène conventionnée pour la danse, Théâtre La Passerelle–scène nationale de Gap et des Alpes du Sud, Bois de l'Aune-Aix-en-Provence, Théâtre des Salins–scène nationale de Martigues, L’Onde–Théâtre Centre d'Art de Vélizy-Villacoublay, Pôle Sud–Strasbourg, Théâtre Jacques Prévert–Aulnay-sous-Bois, Le Parvis–scène nationale de Tarbes, Théâtre Garonne–Toulouse, Réseau Open Latitudes 2 con il supporto di Cultural European Programme, Théâtre de Liège, Théâtre de la Ville–Paris, BIT Teatergarasjen–Bergen
Prezzi
€ 15 intero, € 13 ridotto (convenzioni Teatri), € 9 under 30, € 1 con tessera OneForYou
Special promo Atlas of Transitions festival:
Prima nazionale
2 marzo // ore 21.30 // DAMSLab
a seguire incontro con Nadia Beugré
3 marzo // ore 21.30 // DAMSLab
posti limitati, prenotazione consigliata
Cosa succede se varchiamo la soglia del divieto? Se ci inoltriamo in luoghi interdetti, in cui è precluso l’accesso? Luoghi che non siamo autorizzati a esplorare? Quartiers Libres cerca di confrontarsi con spazi-tabù, lì dove si negoziano forme di espressione, sottomissione, rivelazione. Una figura femminile fa la sua apparizione, ingaggia una lotta di intensità per addomesticare lo spazio, alla ricerca di una zona franca, affrancata, senza limitazioni. Il corpo si approssima agli spettatori per immagazzinare energia e andare più a fondo, come un mammifero marino che risale in superficie per prendere aria. In lotta con un mondo che cerca di sommergerla, in un universo sonoro al contempo prepotente e lieve, corpo e resti inorganici si fondono, si confondono creando un altro paesaggio.
Durata: 60 minuti
info e prenotazioni: info@atlasoftransitions.eu, 320 7498596
coreografia e interpretazione Nadia Beugré
concezione e drammaturgia Boris Hennion
costumi Nadia Beugré e Boris Hennion
creazione plastica Nadia Beugré
concezione luci e regia generale Anthony Merlaud
paesaggio sonoro Mathieu Grenier
produzione Latitudes Contemporaines
ringraziamenti Centro Coreografico Nazionale di Montpellier Languedoc-Roussillon, Agora Montpellier Danse, La Place de la Danse - Centro per lo sviluppo coreografico di Tolosa
Prezzi
€ 9 intero / € 7 ridotto (under 35)
opening-performance + incontro
1 marzo // ore 18 // DAMSLab
incontro con Tania Bruguera
L’artista e attivista cubana Tania Bruguera incontra gli abitanti di Bologna per ripercorrere in forma di dialogo i nodi teorici e tematici della sua ricerca artistica, inaugura ufficialmente la campagna referendarie e avvia la contestuale apertura dei seggi di votazione di Referendum, declina le ragioni che l’hanno condotta a fondare una scuola temporanea guidata da associazioni e comunità straniere.
coordinano l'incontro Elisa Del Prete e Piersandra Di Matteo
foto Claudio Fuentes-Havana, 2015
Arti Migrazioni Cittadinanze
Dopo aver esplorato il “diritto alla città”, Atlas of Transitions Biennale torna a Bologna, dal 1 al 10 marzo, con performance, pratiche discorsive, esperienze corporee collettive, incontri, film, un convegno internazionale, workshop, concerti, una scuola alla rovescia. E lo fa nelle stesse giornate di Vie Festival, dialogando con la sua programmazione. HOME inverte lo sguardo e ospita artiste provenienti da Costa d’Avorio, Mali, Estonia, Ruanda, Siria, Palestina, Cuba, instaura una relazione privilegiata con le comunità straniere residenti a Bologna, appella la cittadinanza, progetta azioni con adolescenti e dà spazio alle ricerche artistiche delle seconde generazioni.
Investigando il confine tra arte e attivismo, le dieci giornate mettono a lavoro diversi modi di guardare alla casa lasciata, alle case ritrovate, alle trasformazioni del lavoro domestico e di cura, alla casa comune del linguaggio, alla pelle come casa, alla creazione di atti collettivi, al portato culturale e memoriale di cui ognuno è vettore vivente.
I LUOGHI DI HOME:
Fantateatro | Teatro Ragazzi 2018/2019
Un eroe mascherato lotta contro le ingiustizie e la tirannia a favore della povera gente. Si fa chiamare Zorro sebbene la sua reale identità sia quella del ricco nobile Don Diego de la Vega. In questo episodio della storia, Zorro combatte il perfido comandante Ortega: egli mira all’assassinio del governatore della città per mezzo dei filtri orientali preparati da Chu - Fao. Tuttavia in città Zorro non è l’unico nemico del comandante: Rachel, gestrice di una locanda, si oppone ai suoi ordini.
La storia dell’eroe giustiziere mascherato, precursore di supereroi fumettistici come Batman, viene messa in scena rispettando l’energia del romanzo d’avventura. I fondali dipinti vengono proiettati e l’azione rappresentata per mezzo di duelli e continui cambi scena. Pregevoli le parti comiche, affidate al sergente Garcia e al soldato Ramirez, che divertono con lazzi e baruffe, e alla orientale Chu - Fao, che tuttavia non omettono l’epicità della narrazione.
Dai 4 anni
Due repliche ore 16:00 e 17:30
Scarica la brochure degli spettacoli e dei corsi di Fantateatro a Bologna
Sul dissidio tra poesia e filosofia seguito da Recital di poesia
Con Angela Peduto e Raffaele Riccio. Partecipano gli attori Marta Di Tella e Filippo Lanzi
Già nello Ione, e poi in maniera definitiva nella Repubblica, prende forma l’opposizione tra poesia e filosofia. Il programma di Platone, in quel preciso momento storico, è di sostituire alla « poesia » - e ai suoi strumenti di diffusione - la « filosofia » con i suoi nuovi strumenti - primo fra tutti la discussione dialettica -, come base formativa dell’anima dell’uomo. Benché ci sia una radicale differenza tra la concezione della poesia dell’uomo antico e quella dell’uomo moderno, non c’è dubbio che la condanna platonica abbia influenzato il modo successivo di concepire la poesia nella cultura occidentale. La poesia, respinta ai margini, sottoposta a discorsi ora troppo tecnici ora troppo vaghi, ha perso la sua funzione nel processo di conoscenza e mai – se non con rare eccezioni – è stata posta al centro di una cruciale riflessione sul linguaggio.
E’ nel pensiero di Maria Zambrano, filosofa spagnola costretta per gran parte della vita all’esilio, che si trovano indicazioni originali. Convergono in esso la riflessione politica e filosofica, la poesia di Machado, la mistica di Giovanni della Croce. A partire dal gesto originario che separò filosofia e poesia condannandole all’estraneità, la filosofa interroga il senso aperto e profondamente problematico della condanna platonica. “Ci dev’essere stato un momento in cui sentire e capire non erano separati”: ma riunirli non significa risolvere e ricucire il rapporto filosofia-poesia; significa spingersi verso una nuova logica, che potrà darsi solo attraversando fino in fondo le loro contraddizioni e il loro conflitto.
Nella seconda parte dell’incontro lasceremo che sia la poesia stessa a prendere voce, grazie alla lettura recitata dei versi di alcuni grandissimi poeti contemporanei (M. Gualtieri, C. Candiani, V. Magrelli, G. Ritsos, A. Pizarnik, O. Elitis, N. Karuzos, Y. Yfandis, K. Kavafis, M. L. Spaziani, H. Helder)
Marta Di Tella è attrice professionista. Si è formata nella Scuola “Teatro Azione” di Roma. E’ stata in scena al teatro greco di Siracusa con Le Baccantidi Euripide. L’ultimo spettacolo a cui ha partecipato è tratto dagli Atti Unici di Anton Cechov.
Filippo Lanzi è attore professionista. Si è formato nella Scuola “Teatro Azione” di Roma con C. Mannello, K. Ialongo, M. Blanchi e E. Popova. L’ultimo spettacolo messo in scena è “Casa Cechov”, tratto dagli Atti Unici di Anton Cechov.
Angela Peduto è psicoanalista, saggista, traduttrice. Studiosa di musica e letteratura, lavora con strumenti psicoanalitici al mondo espressivo di scrittori classici e contemporanei (S. Beckett, E. A. Poe, M. Proust, P. Quignard) e di musicisti e compositori (A. Vivaldi, Clara Schumann).
Raffaele Riccio insegna Storia e Filosofia nei licei bolognesi e si è occupato di Storia della cultura e della mentalità del Seicento italiano ed europeo. Collabora alla programmazione delle attività di varie associazioni culturali cittadine. Ha pubblicato diversi saggi e articoli di argomento storico ed estetico-filosofico.
Il Celebrazioni | Stagione 2019/20
Dopo le due date di maggio a Milano e a Roma, Paola Turci comincerà il suo tour teatrale toccando anche il Teatro Celebrazioni di Bologna, il 14 novembre. Il 45 giri in tiratura limitata de "L'ultimo ostacolo", il brano in gara al Festival di Sanremo, è già acquistabile. La canzone è il primo capitolo del suo nuovo album di inediti dal titolo "Viva da morire" in uscita il 15 marzo e già in preorder. Un album pieno di vita che prende il titolo da un brano in esso contenuto e ricco di sorprese. È inoltre online il video de "L'ultimo ostacolo", diretto dalla regista francese Anissa Bonnefon e con la partecipazione di Sarah Felberbaum e Giuseppe Fiorello. I due attori si cercano senza mai incontrarsi facendo immaginare un sogno o l'inizio di una nuova storia d'amore. Sulla sfondo di Roma Paola Turci interpreta la sua canzone.
Quattro incontri per conoscere storie, curiosità e personaggi del palazzo dei conti Tozzoni
Ogni casa racconta le storie di chi l’ha abitata, riserva sorprese, conserva tracce di lontani episodi. Questo accade naturalmente, e a maggior ragione, per la casa museo di Palazzo Tozzoni, abitata ininterrottamente per oltre cinque secoli dalla famiglia dei conti e dai loro numerosi domestici, sede in speciali occasioni di avvenimenti pubblici e visitata da ospiti illustri.
Domenica 10 marzo 2019 ore 17
Donne di casa Tozzoni
Laura Berti Ceroni
Dalle cronache mondane del tempo, dalle fotografie dell’album di famiglia le storie delle donne Tozzoni raccontano il saper vivere, il gusto, la moda, non solo di una famiglia, ma di intere generazioni.
Seguirà assaggio di cioccolata calda offerta dalla Cioccolateria Imola
Ingresso gratuito
Emilia Romagna Jazz Orchestra con Pietro Odorici
La ERJ Orchestra composta da 17 elementi è formata da noti musicisti professionisti jazz dell’Emilia Romagna e integrata conalcuni dei migliori giovani talenti e studenti della regione.
Il progetto nasce dalla passione dei vari componenti di costituire un gruppo affiatato e compatto con lo scopo comune di ricreare un orchestra Jazz che possa riproporre grandi brani standard della tradizione contemporanea jazzistica ma dare spazio ad un vero e proprio laboratorio di arrangiamento di pezzi originali dei componenti della Big Band.
La conoscenza della scena jazz, nazionale ed internazionale, possedute dai direttori e fondatori, dai collaboratori, nonché dagli altri partecipanti agevola il coinvolgimento di un elevato numero di musicisti regionali e raccoglie la partecipazione di artisti di rilievo e notorietà internazionale. Scenario ideale per dar luogo a nuovi progetti, nuove collaborazioni, scambi artistici di notevole interesse e importanza.
Nella formazione:
Stefano Paolini (batteria), Barend Middelhoff, Marco Ferri, Piero Odorici, Michele Vignali (sassofoni), Francesco Angiuli, Stefano Senni (contrabbasso) Davide Ghidoni, Franco Capiluppi, Diego Frabetti (trombe) Nico Menci, Emiliano Pintori (pianoforte) solo per citarne alcuni.
Info e prenotazioni: 051 1889 9835 oppure bomprezzilab16@gmail.com
Prenotazione consigliata
Arena del Sole | VIE Festival
Dopo il successo di Je suis Fassbinder, l’autore-regista Falk Richter è chiamato a dirigere il coreografo Nir de Volff, il drammaturgo Nils Haarmann e un gruppo composto da sette o nove giovani attori, danzatori e performer provenienti da diversi paesi europei.
Insieme si interrogheranno sul concetto di identità. Come punto di partenza le storie, le passioni, le biografie degli artisti stessi e la lingua di ciascuno di loro. Singolarmente e collettivamente, essi daranno forma a uno spettro complesso, volontariamente aperto, per rispondere a ciò che potrebbe significare l’idea di identità e comunità nell’Europa di oggi.
A cosa potrebbe somigliare una famiglia oggi? Qual è l’importanza di concetti come l’identità, le origini, la patria, la casa in un’Europa che ha, già in precedenza nel corso della sua storia, pacificamente superato frontiere linguistiche e nazionali ma continua ad essere minacciata dalla paura e dalle crisi e che rischia di ricadere nel nazionalismo e nel populismo di destra? Di quali relazioni, di quali legami siamo fatti? A quali comunità abbiamo la sensazione di appartenere, in quale tipo di comunità vorremmo vivere insieme?
Formerò un gruppo di attori, danzatori e performer, tutti tra i 20 e i 35 anni, provenienti da diversi paesi europei. Alcuni vivono in Europa ma hanno un’eredità extra-europea: loro o i propri genitori provengono da vecchie colonie di paesi occidentali e hanno una prospettiva diversa nei confronti dell’Europa attuale. Lavoreremo prima con venticinque artisti. Tutti avranno identità complesse, storie di famiglia e di origini che superano le consuetudini nazionali e culturali. Le lingue di lavoro saranno il francese e l’inglese. Potranno essercene altre, in prova come in scena. Per la rappresentazione, selezioneremo da sette a nove interpreti.
Quali tracce ha lasciato nella vita di questi giovani performer la storia europea? In quali tipi di famiglia sono cresciuti? Qual è la loro idea di famiglia? Come si vedono abitare un’Europa minacciata dalla paura, dal populismo di destra, dove le democrazie sono sempre più consumate dall’odio e dalla demagogia? Come pensano sarà possibile vivere e affrontare insieme il futuro a venire?
Falk Richter
testo e regia Falk Richter
con Lana Baric, Charline Ben Larbi, Gabriel Da Costa, Mehdi Djaadi, Khadija El Kharraz Alami, Douglas Grauwels, Piersten Leirom, Tatjana Pessoa
coreografia Nir de Volff
drammaturgia Nils Haarmann
scene e costumi Katrin Hoffmann
musica Matthias Grübel
video Aliocha Van der Avoort
luci Philippe Berthomé
assistente alla regia Christèle Ortu
assistente alle scene e costumi Emilie Cognard
produzione Théâtre National de Strasbourg
co-produzione Odéon – Théâtre de l’Europe, Comédie de Genève, Thalia Theater – Hambourg, Noord Nederlands Toneel (NNT) – Groningen, HNK – Croatian National Theatre in Zagreb, Théâtre de Liège et DC&J Créations, Dramaten – Stockholm, Emilia Romagna Teatro Fondazione
con il sostegno di Goethe Institut Nancy/Strasbourg all’interno del progetto Freiraum
con il sostegno di Tax Shelter du Gouvernement fédéral de Belgique e d‘Inver Tax Shelter
le scene e i costumi sono realizzati dall’atelier del TNS
Falk Richter è artista associato del TNS
foto di Jean-Louis Fernandez
Arena del Sole | VIE Festival
F. non può entrare in scena con noi, ma è il protagonista dello spettacolo, il centro del dramma. F. lo abbiamo conosciuto un giorno che ci ha avvicinato e ci ha detto: io sono io. Da quel giorno abbiamo cominciato a provare insieme uno spettacolo che parlasse di lui, della sua storia, di chi è, del perché lui è lui. Insieme abbiamo ricordato, siamo incappati in buchi neri, pezzi rimossi, strappati, aperture vertiginose sull’abisso. Da quel giorno i confini dello spazio teatrale non sono stati più gli stessi.
Ci sono delle leggi per le quali F. è tenuto lontano dal palcoscenico e noi non possiamo farci niente. Tutto ciò che possiamo fare è trascorrere del tempo con lui, ascoltare, costruire, lasciarci andare all’incontro e tentare poi di raccontare che cosa significhi per noi la sua assenza. Proprio perché non è da nessuna parte F. è ovunque. Siamo quindi di fronte ad un’assenza enormemente ingombrante, che non potevamo non portare in scena.
Abbiamo quindi cominciato a domandarci: come si porta in scena un assente? Perché F. ci è tenuto lontano? Cosa dobbiamo temere da lui? È pericoloso? Come può entrare in scena senza salire sul palco? Che cosa, di lui, ci riguarda?
F. è uno spettacolo che parla della ostinata volontà di incontrare qualcuno che è difficilissimo incontrare, di un enorme smarrimento, del confine tra palco e platea, tra ciò che è legale e ciò che non lo è.
F. è, dopo “Il giardino dei ciliegi – Trent’anni di felicità in comodato d’uso”, una seconda foto sfocata scattata lungo la Via Emilia.
F. è la domanda difficilissima: cosa è giusto fare in questo momento?
F. è soprattutto F.
scritto da Kepler-452 (Paola Aiello, Enrico Baraldi, Nicola Borghesi)
regia Nicola Borghesi
dramaturg Enrico Baraldi
in scena Paola Aiello, Nicola Borghesi e, da qualche parte, F.
luci Vincent Longuemare
spazio Vincent Longuemare e Letizia Calori
costumi Letizia Calori
video Chiara Caliò
suoni Bebo Guidetti
coordinamento Michela Buscema
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
MAST.Auditorium | VIE Festival
Giorgina Pi, dirige questa mise en espace del testo dell’inglese Kate Tempest. Una colonna sonora scandisce le rapide parole infuocate dell’artista britannica: poesia, musica e coro fanno i conti con ciò che volevamo e non possiamo avere più.
Kate la tempesta la genera con le parole, continuamente. La incarna come rapper, live performer, poeta, scrittrice, rivoluzione assoluta per la scena culturale inglese degli ultimi anni. Wasted fiorisce sul tema del lutto e cresce sulla difficoltà di cambiare per rimanere sé stessi. Poesia, musica e coro fanno i conti con ciò che volevamo e non possiamo avere più.
Una storia che vede due uomini e una donna riunirsi per commemorare i dieci anni della scomparsa del loro più caro amico. Confronti, riflessioni e illusioni scorrono sul crinale del dolore, l’impossibilità di diventare ciò che si voleva, la difficoltà di essere solo ciò che si può. Ci troviamo di fronte ad un’opera che mescola sapientemente vari linguaggi, un’opera totale.
di Kate Tempest
lettura musicale a cura di Bluemotion
regia Giorgina Pi
Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria sul sito mast.org
MAST.Auditorium | VIE Festival
Amyra (fka Amy León) in concerto
Nata a New York, ad Harlem, per anni residente a Brooklyn ed ora a Londra, Amyra (fka Amy León) è musicista, poetessa ed educatrice. Alunna della famigerata Nuyorican Slam Team, ha saputo concentrare e fondere musica e poesia attraverso performance potentemente trasparenti, coraggiose e intime, concentrandosi su ineguaglianze sociali tra bianchi e neri, sulla celebrazione dell’amore e sulla difficoltà dell’essere donna. Sul tema femminile ha dichiarato: «Le donne nere sono ancora in fondo alla gerarchia universale. Siamo costantemente disumanizzate, sovradimensionate, sfruttate e dimenticate. La mia missione è quella di amplificare le nostre narrazioni e chiedere il rispetto per l’essere umano che sono io e per la comunità mondiale di donne nere che stanno affrontando anche circostanze tumultuose. Quindi credo che il messaggio sia potente, è santo, è l’inizio e la fine di tutte le cose. Quando le donne nere saranno finalmente trattate con il rispetto che meritano, non ho dubbi che il mondo sarà un posto migliore.»
Al MAST.Auditorium, Amyra presenta il concerto Witness, anteprima del suo nuovo omonimo album di prossima pubblicazione
Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria sul sito mast.org
Arena del Sole | VIE Festival
A partire dal comportamento delle forme di vita più antiche e diffuse di questo pianeta, le piante, Joie de Vivre opera una ricerca coreografica per indagare quelle attitudini, disponibilità, comportamenti, emergenti, che tutte le forme di vita, compresa quella umana, mettono in atto nell’incessante tentativo di giungere a uno stato di “felicità”.
Joie de vivre si rivolge a questa dimensione biologica dell’essere, all’inesausta interrogazione dello stare tra le cose, dell’appartenenza a un tempo e a un luogo.
Tutto ciò accade guardando l’universo vegetale per coglierne attitudini arborescenti e rizomatiche, cambiamenti di stato incorporati in una logica di ostinate azioni di resistenza e trasformazione, capacità tattiche, mobilità dei confini, assemblaggi di comunità transitorie.
progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
ideazione e coreografia Simona Bertozzi
danza Wolf Govaerts, Manolo Perazzi, Sara Sguotti, Oihana Vesga
canto Giovanni Bortoluzzi, Ilaria Orefice
musica e regia del suono Francesco Giomi
dramaturg Enrico Pitozzi
set e luci Simone Fini
costumi Katia Kuo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Comunale di Modena, Associazione Culturale Nexus
con il contributo di MIBAC, Regione Emilia Romagna, Fondo Regionale per la Danza d’Autore
con il sostegno di Fondazione Nazionale della Danza - Aterballetto, Arboreto Teatro Dimora di Mondaino
foto di Luca Del Pia
DAMSLab | VIE Festival
Se dovessi raccontarti un’immagine di felicità, allora ti direi un’altura,
io sopra una roccia, sotto il sole, con un libro in mano
Stefania Belmondo
First love è un risarcimento messo in busta e indirizzato al primo amore. È la storia di un ragazzino degli anni ’90 al quale non piaceva il calcio ma lo sci di fondo – e la danza, anche, ma siccome non conosceva alcun movimento si divertiva a replicare quelli dello sci, nel salotto, in camera, inghiottito dal verde perenne di una provincia del Nord Italia.
Quel ragazzo ora cresciuto, non più sciatore ma danzatore, non più sulla neve ma in scena, non più agonista ma ancora agonista, per via di un’attitudine competitiva alla coreografia che non si scolla mai, nostalgica e ricorsiva, ha incontrato il suo mito di bambino, la campionessa olimpica Stefania Belmondo, ed è tornato sui passi della montagna. È giunto il tempo di gridare al mondo che quel primo amore aveva ragione d’esistere, che strappava il petto come e più di qualsiasi altro.
In una rilettura della più celebre gara della campionessa piemontese, la 15km a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, First love si fa grido di vendetta, disperata esultanza, smembramento della nostalgia.
Prenotazione obbligatoria
un progetto di e con Marco D’Agostin
suono LSKA
consulenza scientifica Stefania Belmondo e Tommaso Custodero
consulenza drammaturgica Chiara Bersani
luci Alessio Guerra
direzione tecnica Paolo Tizianel
promozione Marco Villari
organizzazione Eleonora Cavallo, Damien Modolo
progetto grafico Isabella Ahmadzadeh
produzione VAN 2018
coproduzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Torinodanza festival e Espace Malraux – scène nationale de Chambéry et de la Savoie, nell’ambito del progetto “Corpo Links Cluster”, sostenuto dal Programma di Cooperazione PC INTERREG V A – Italia-Francia (ALCOTRA 2014-2020)
in collaborazione con Centro Olimpico del Fondo di Pragelato
progetto realizzato in residenza presso la Lavanderia a Vapore, Centro Regionale per la Danza con il supporto di ResiDance XL, inTeatro
In collaborazione con Alma Mater Studiorum Università di Bologna - Dipartimento delle Arti | La Soffitta
foto di Alice Brazzit
VIE è un festival internazionale di teatro e danza che rivolge lo sguardo alla contemporaneità, che esplora le zone di contatto in cui interagiscono diverse forme di arte scenica.
Artisti internazionali (da Belgio, Cina, Francia, Germania, Grecia, Messico, Ungheria, Uruguay, USA/UK) e italiani, nuove rivelazioni e protagonisti di fama ormai indiscussa della scena teatrale, conducono gli spettatori a percorrere le differenti “vie” del teatro e della danza, “vie” artistiche, geografiche e dell’anima, che si intersecano interagendo tra loro.
In questa 14a edizione l’intreccio e l’interazione si fanno più forti e si arricchiscono della presenza della seconda edizione di Atlas of Transition Biennale, negli stessi giorni a Bologna. Due sguardi, due percorsi che pur nella loro autonomia si intrecciano e coesistono, offrendo orizzonti più ampi allo spettatore.
Laboratori, presentazioni di libri, incontri.
Molte le attività collaterali al programma degli spettacoli previste per approfondire e riflettere insieme al pubblico del Festival.