(Baiser volés, Francia/1968) di François Truffaut (90')
Terza fetta di vita della saga Doinel, il film è il più aperto, gioioso ed errabondo. Parigi, percorsa dalla posta pneumatica e da donne alte e belle, ha una luce che scalda il cuore, ed è certo il luogo migliore dove apprendere la vita e l'amore. Antoine/Jean-Pierre sogna, scrive, fa curiosi lavori, infine s'innamora, e già sa che non sarà per sempre. Noi, invece, abbiamo qui la conferma che non potremo più fare a meno di lui. Un presente di giovinezza già nel riverbero della nostalgia (Que reste-t-il denos amours?). (pcris)
Introduce Jean-Pierre Léaud
precede
ANTOINE E COLETTE
(Francia/1963) di François Truffaut (32')
La prima giovinezza di Antoine/Jean Pierre ha l'andamento di un breve movimento musicale. La Salle Pleyel, il romanticismo trobadorico, i pranzi con i genitori di lei, a cui però piace un altro. L'ouverture malinconica di una vita sentimentale.
Lingua originale con sottotitoli
(Les 400 coups, Francia/1959) di François Truffaut (93')
Primo film di Truffaut, e primo della serie Doinel. Antoine/Jean-Pierre, come il Michel/Jean-Paul di Godard, corre più forte che può: ha quattordici anni, è uno studente furbo e svogliato, allestisce altarini in onore di Balzac, ruba una macchina da scrivere. Un ragazzino che si chiama Léaud cambia il modo in cui il cinema guarda il mondo: sguardo infantile, struggente, dalla finestrella del cellulare che lo porta al riformatorio, sguardo di colpo adulto davanti al mare che blocca la sua corsa. Godard ha fatto della nouvelle vague qualcosa di travolgente, Truffaut l'ha destinata all'eternità. (pcris)
Incontro con Jean-Pierre Léaud
Lingua originale con sottotitoli
(Klute, USA/1971) di Alan J. Pakula (114')
New American Cinema al suo zenit. Fonda, con il nuovo taglio di capelli, la strepitosa falcata a gambe nude, la borsa a tracolla, il broncio alto e consapevole d'una Hanoi Jane via Barbarella, non è mai stata così bella. Né così brava (è il suo primo e più meritato Oscar). Trama classica, che nello spirito del tempo rivisita i noir anni Quaranta: "Un assassinio, un detective, una donna: dei guai" (Rinaldo Censi). Figure nell'ombra, notti sulla città, un magnifico Donald Sutherland e al centro lei, la squillo che affronta gli anfratti oscuri della propria mente. Finale di perfetta sospensione esistenziale, come nemmeno Blade Runner. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/2018) di Stefano Liberti (65')
In un mondo sovrappopolato e in preda ai cambiamenti climatici, il business della produzione alimentare è sempre più concentrato nelle mani di una manciata di multinazionali. Seguendo la filiera della carne di maiale, dalla Cina al Brasile passando per Stati Uniti e Mozambico, il documentario descrive un meccanismo perverso che sta mettendo fuori mercato centinaia di migliaia di piccoli produttori. In collaborazione con Resilienze Festival e Altromercato
precede
REDRIGERATOR
(Italia/2018) di Silverio De Santis (3')
Concentrata in tre minuti, la vita ‘buttata' di un pomodoro, dal negozio al frigorifero alla pattumiera. Una riflessione sullo spreco di cibo e sulle sue ricadute ambientali. Vincitore premio Nuovi Linguaggi al Resilienze Festival 2018.
Incontro con Stefano Liberti e Jonathan Ferramola
(Messico/2018) di Alfonso Cuarón (135')
Dopo l'esplorazione spaziale di Gravity, grossa produzione hollywoodiana con effetti speciali e star come Sandra Bullock e George Clooney, il messicano Cuarón cambia radicalmente orizzonte e genere e, con meno di un decimo del precedente budget, ispirandosi ai ricordi della propria infanzia, realizza questo potente dramma ambientato a Città del Messico nei primi anni Settanta. Protagonista un'attrice non professionista, Yalitza Aparicio, nel ruolo di Cleo, domestica a servizio di una famiglia benestante del quartiere residenziale che dà titolo al film. Premiato con il Leone d'oro a Venezia, è un capolavoro di stile e di regia in cui l'accurata ricerca visiva - bianco e nero cristallino, costruzione in profondità di campo, complessi movimenti di macchina - contribuisce a rafforzare il realismo della rappresentazione e dei sentimenti. (aa)
Lingua originale con sottotitoli
(Jules et Jim, Francia/1961) di François Truffaut (106')
Nella Parigi bohémienne negli anni Dieci, due uomini e una donna provano ad amarsi oltre le regole, attraverso il tempo, la guerra, matrimoni e amanti, accensioni e delusioni: Jeanne Moreau con i suoi travestimenti, il suo broncio altero, la sua voce magica percorre tutti i tourbillons de la vie, ma alla fine è lei a non saper accettare la resa. "Abbiamo giocato con le sorgenti della vita, e abbiamo perso". Appunto il film definitivo sul perdere, sul perdersi: "il cinema di Truffaut è una macchina per fare il vuoto" (Jean Collet). Con le sue ellissi, la sua luce, il suo passo urgente e malinconico, la sua impetuosa esplorazione di una cosa chiamata cinema e di una cosa chiamata amore, è un capolavoro d'utopia infinitamente replicato in tanti film à la manière de. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/1997) di Anna Maria Tatò (95')
"Forse nessun attore si è mai congedato dal pubblico con un testamento palpitante di vitalità come questo film-confessione con cui, alla vigilia dell'uscita di scena, Mastroianni racconta con stoico umorismo, pudica ironia e reticente tenerezza la sua vita d'arte e la sua arte di vivere. Negli intermezzi della lavorazione in Portogallo di Viaggio all'inizio del mondo, fra le montagne e il mare, Marcello si mette di buon grado davanti alla cinepresa e tira i molteplici fili della memoria e della riflessione" (Tullio Kezich).
Ingresso libero
(They Shoot Horses, Don't They?, USA/1969) di Sydney Pollack (120')
Nell'America della Grande depressione una maratona di ballo si trasforma in una massacrante lotta per la sopravvivenza. Un girare a vuoto senza sosta, inseguendo, uno contro l'altro, un obiettivo che è inutile chimera. Tra la varia umanità rinchiusa nello spazio claustrofobico, spicca la dura disperazione della Gloria di Jane Fonda, che svela la pericolosa fragilità dei falsi sogni, sia quello ‘americano' sia quelli propagandati dalla Hollywood classica. Pollack, al contrario, fa un film cupo e violento, un'allegoria della vita svuotata di umanità e compassione, dove la disillusione è una malattia incurabile come le zampe rotte dei cavalli. Da un romanzo di Horace McCoy. (gds)
Lingua originale con sottotitoli
(Jules et Jim, Francia/1961) di François Truffaut (106')
Nella Parigi bohémienne negli anni Dieci, due uomini e una donna provano ad amarsi oltre le regole, attraverso il tempo, la guerra, matrimoni e amanti, accensioni e delusioni: Jeanne Moreau con i suoi travestimenti, il suo broncio altero, la sua voce magica percorre tutti i tourbillons de la vie, ma alla fine è lei a non saper accettare la resa. "Abbiamo giocato con le sorgenti della vita, e abbiamo perso". Appunto il film definitivo sul perdere, sul perdersi: "il cinema di Truffaut è una macchina per fare il vuoto" (Jean Collet). Con le sue ellissi, la sua luce, il suo passo urgente e malinconico, la sua impetuosa esplorazione di una cosa chiamata cinema e di una cosa chiamata amore, è un capolavoro d'utopia infinitamente replicato in tanti film à la manière de. (pcris)
Prima della proiezione, specialty coffee e pasticceria del Forno Brisa per tutti gli spettatori
In collaborazione con Forno Brisa
Lingua originale con sottotitoli
(USA/2018) di Susan Lacy (133')
I primi quattro atti portano nomi di uomini: Henry, il padre ("sono vissuta nell'ombra di un monumento nazionale"), Roger, il primo marito ("Vadim entrò da Chez Maxim's e restai ammutolita, tant'era charmant e sexy"), Tom, il secondo ("Hayden era l'attivista più celebre d'America, dissi alla mia migliore amica: alla manifestazione ho appena incontrato il mio prossimo marito"), Ted, il terzo ("contro ogni previsione sposavo un miliardario; non sono mai stata così felice come con lui"). L'ultimo atto è tutto per sé, Jane, settantenne (et plus), attrice, femminista, donna consapevole e simpatica, capace di tenere a bada l'effetto golden oldies in un documentario pieno di cinema, di storia americana e di splendidi materiali d'archivio familiare. (pcris)
Introduce Marinella Manicardi (Associazione Orlando - Centro delle Donne Bologna)
In collaborazione con Sky Cinema
Lingua originale con sottotitoli
(Francia-Italia/1968) di Roger Vadim (98')
Stravaganza vintage che può ancora divertire. Da una striscia comica francese del 1962, l'avventura fantascientifica di un'eroina sexy in cuissards Paco Rabanne e gonfia cascata di capelli biondo rame. "Barbarella mi bollò per sempre come simbolo del sesso. Nei cartelloni apparivo nuda, fluttuante nello spazio, con una serie di acconciature bizzarre e rivelatrici. Come Barbarella vincevo chiunque, perché la sua potenza sessuale era tale da vincere qualsiasi ostacolo. Ripensandoci ora, mi sembra che come fantasia sessuale avesse una sua grazia e freschezza" (Jane Fonda, 1983). (pcris)
Introduce Stefania Minghini Azzarello (Associazione Orlando - Centro delle Donne Bologna)
Lingua originale con sottotitoli
(USA-Francia/1981) di Delphine Seyrig (115')
Quasi quarant'anni fa Delphine Seyrig, splendida attrice per Truffaut e Akermann, chiamò a raccolta un gruppo di colleghe per interrogarsi sul ruolo delle donne nel cinema. A parlare sono tra le altre Anne Wiazemsky, Barbara Steele, Shirley McLaine, Maria Schneider, e Jane Fonda. Bel documentario e strano effetto, oggi. Parlano con franchezza di molte cose, nella scia d'un femminismo stabilizzato: lo sfruttamento dell'immagine del corpo femminile, la convenzionalità dei ruoli, la mancanza di buone parti dopo i quarant'anni, e così via. Nessuna parla di abusi e ricatti sessuali. Eppure Jane, ai tempi del metoo, è stata una delle prime a dirlo, "questa storia va avanti da troppo tempo". Anche questo manque, tessuto di allusioni da decifrare, rende oggi il film così interessante. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
nell’ambito di “Bologna si prende cura”
La coreografa Anna Albertarelli terrà un laboratorio di teatro fisico e danza per l’integrazione sociale: si tratta di un modulo esperienziale inserito nella formazione internazionale per danzatori Art Factory International sotto la direzione artistica di Brigel Gjoka, coreografo e danzatore di Forsythe Company.
In via del tutto eccezionale, in occasione di “Bologna si prende cura“, il laboratorio è aperto all'osservazione di ospiti.
Orario:
dalle 14.00 alle 16.00
Per partecipare è necessaria la prenotazione via mail:
anna.albertarelli@gmail.com
(Xiao wu, Hong Kong-Cina/1998) di Jia Zhang-ke (105')
7 marzo // 20.15 // Cinema Lumière, Cineteca di Bologna
È il film che ha portato alla ribalta il nome di Jia Zhang-ke. Interamente realizzato con attori non professionisti, narra le vicende di un ladruncolo che mette in atto piccoli furti nel cuore di una provincia rurale, polverosa, dimenticata da tutti. Camera a spalla, mezzi leggeri, l’occhio di Jia Zhang-ke coglie orizzontalmente lo spazio all’interno del quale il borseggiatore agisce. È uno sguardo allargato, documentario, che fa reagire o si accontenta di mostrare, insieme, la finzione dei gesti e la realtà di una popolazione.
Finale straordinario.
versione originale con i sottotitoli in italiano
In collaborazione con Cineteca di Bologna
(Italia/2018) di Wilma Labate (80')
"È il 1968 e mentre in Italia i giovani occupano le scuole, rinnegano l'autorità di una famiglia patriarcale, rivoluzionano i costumi governati dalla Chiesa e decidono di essere soggetti politici, cinque ragazzine della provincia toscana imparano il soul insieme ai soldati afroamericani in Vietnam. Ancora un altro '68, tra i tanti, a distanza di cinquant'anni. La sfida è quella di raccontare la Storia con lo sguardo delle protagoniste poco più che adolescenti, riaprendo un capitolo tra i più conflittuali del Novecento con la memoria e la leggerezza di una esperienza incredibile che ha segnato per sempre la loro vita" (Wilma Labate).
(GB-Belgio-USA/2016) di Terence Davies (126')
Vita minore di Emily Dickinson (1830-1886), la più grande poetessa americana, che a venticinque anni si autorecluse nella casa paterna di Amherst, Massachusetts, conducendo una spasmodica e dolorosa ricerca della Verità. Colpisce per rigore e potenza emotiva: Davies, regista e sceneggiatore, dà spazio ai silenzi, ai piccoli rumori, alle lacrime e alle risate di un'esistenza ancorata al presente (sono gli anni drammatici della Guerra di Secessione) ma con il pensiero sempre rivolto all'eternità. Cynthia Nixon coglie la forza fragile di questa quieta rivoluzionaria, che ha usato la solitudine come difesa dal mondo e come forma di condanna verso le sue ipocrisie. (gds)
Introduce Sara Pesce
In collaborazione con Centro delle Donne - Biblioteca Italiana delle Donne
Lingua originale con sottotitoli
(USA/2018) di Spike Lee (135')
Un furioso e meditato attacco satirico, una risata che disseppellisce ogni frammento di razzismo nella cultura americana. Siamo negli anni Settanta, e lo stile visivo è quello ruvido della blaxploitation. Un agente di polizia nero, John David Washington (figlio di Denzel) vuole infiltrarsi nelle maglie del Ku Klux Klan. Al momento dell'incontro, s'impone un alter ego, il collega ebreo Adam Driver. Lee non fa sconti alla storia né alla storia del cinema; ritaglia en passant un montaggio parallelo assai crudele con i contenuti razzisti e suprematisti di Nascita di una nazione; semina ovunque parallelismi con il presente, che risuonano "come una sirena d'allarme nel bel mezzo di un incubo storico". (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(The Wife, USA-Svezia-GB/2017) di Björn Runge (100')
Il segreto d'una donna. Un woman's movie d'eleganza classica e di acredine contemporanea, da godersi da cima a fondo se si è disposti ad affrontare, da cima a fondo, l'immersiva performance di un'attrice chiamata Glenn Close. Davvero dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna? E dove si colloca esattamente la grandezza? Lui è un divo della letteratura americana, appena premiato con il Nobel. Lei, intelligenza smagliante e attitudine devota, gli è accanto da quarant'anni. Quarant'anni che ora si fanno strada e reclamano un pubblico, e quale migliore palcoscenico dell'Accademia di Stoccolma. Glenn Close è un'attrice di singolare talento che di anni ce ne ha messi trenta per sfuggire al successo e alla maledizione di Attrazione fatale. La bella serie tv Damages e questo ruolo dimostrano che ce l'ha fatta. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Messico/2001) di Alfonso Cuarón (105')
Dopo alcuni anni a Hollywood, durante i quali pone solide basi nel cinema americano, Cuarón torna in Messico e dirige un film sull'amore, l'adolescenza, i sentieri incrociati e le verità nascoste. Tradita dal marito, una donna giovane e molto bella parte per il mare insieme a due diciottenni, amici inseparabili. Sarà un viaggio di formazione sentimentale e sessuale, nel segno d'un assolato ménage à trois che rende omaggio a Jules e Jim e porta il tourbillon alle sue naturali conseguenze. Tutto nel riverbero d'un finale che scuote e pietrifica. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/2006) di Mimmo Paladino (75')
Mimmo Paladino, protagonista della scena artistica italiana (pittore, scultore, incisore), approdava alla regia nel 2005, in un confronto ardimentoso e visionario con l'opera di Cervantes. Nel Sannio natale dell'autore, incrocio ultrarealista di scenografie naturali e di segni d'artista, Peppe Servillo è l'hidalgo in lotta con le pale eoliche, Lucio Dalla il suo Sancho ballonzolante, dialettale, splendidamente musicale, Edoardo Sanguineti il Poeta, Alessandro Bergonzoni il Mago. (pcris)