a cura di Valerio Dehò
Personale di Pierluigi Pusole (Torino 1963) alla Galleria Art forum Contemporary. In mostra gli ultimi due cicli di lavori “Experiments” e “P16”.La prima serie, caratterizzata da una dominante verde, scandaglia il rapporto tra la figura umana e la natura, le relazioni tra la percezione del paesaggio e la sua corrispondenza al reale. La pittura fluida e sempre evocativa di Pusole crea degli scenari in cui gli intrighi vegetali e le figure umane si scambiano di ruolo. La serie più recente intitolata “P16” mette in relazione invece il paesaggio, elemento ricorrente nell’opera di Pusole fin dai primi anni novanta, con l’immaginario scientifico.
Orari di apertura ART CITY Bologna:
venerdi 27 e domenica 29 gennaio h 16 - 20
sabato 28 gennaio h 16.00 – 24.00
(Messico/1984) di Paul Leduc (108’)
Prima del biopic di Julie Taymor interpretato da Salma Hayek, la vita della pittrice messicana Frida Kahlo è stata portata sullo schermo dal regista conterraneo Paul Leduc. È la stessa Kahlo, dal letto di morte, a rievocare i momenti salienti della propria difficile e palpitante esistenza, dall’incidente che ne segnò il corpo all’attivismo politico, e le persone che ne hanno fatto parte, da Diego Rivera a Lev Trotsky. Sorprendente la somiglianza dell’attrice Ofelia Medina.
In occasione della mostra La collezione Gelman: arte messicana del XX secolo a Palazzo Albergati.
Copia proveniente da Filmoteca española
(Francia/2015) di Hopi Lebel (52’)
“Un artista ha bisogno del successo. Non soltanto per vivere, ma soprattutto per realizzare la propria opera”. Sono parole di Pablo Picasso, un artista che ha contribuito in misura sostanziale alla costruzione della propria leggenda. Uscito in occasione della mostra al Grand Palais di Parigi dedicata a questo genio dell’arte del ventesimo secolo, il documentario di Hopi Lebel, scritto in collaborazione con Stéphane Guégan, storico e critico d’arte, conservatore al Musée d’Orsay, ricostruisce questo particolare aspetto che legava indissolubilmente l’arte e la vita del pittore più famoso del mondo attraverso materiali d’archivio inediti e le testimonianze di esperti d’arte e dell’artista Jeff Koons.
In collaborazione con ArteCinema Festival Napoli
Precede
TAKE ME HOME (Iran/2016) di Abbas Kiarostami (17’)
L’ultimo cortometraggio del grande cineasta iraniano scomparso lo scorso luglio. Un bambino, un pallone che fugge: un’illusione creata in digitale sullo sfondo di un paese immaginario, costruito con le immagini di più borghi del sud Italia. “Meraviglia dello sguardobambino: questo pallone che sembra non arrestarsi mai ci ipnotizza. È l’incanto primigenio” (Francesco Boille).
(Francia/1993) di Alain Fleischer (86’)
A seguire
SION (Francia/2006) di Joseph Dadoune (11’)
BELLE COMME LE JOUR (Francia/2012) di Dominique Gonzalez-Foerster e Tristan Bera (12’)
Tre film che celebrano uno dei musei più importanti del mondo, il Louvre. Alain Fleischer e il poeta Yves Bonnefoy ci guidano attraverso i corridoi e le sale dell’immensa cattedrale dell’arte alla scoperta delle opere più celebri in essa custodite: la Nike di Samotracia, la Venere di Milo, la Gioconda, i reperti egizi e assiri... Nel cortometraggio di Joseph Dadoune, l’allegoria di Gerusalemme (impersonata dall’attrice Ronit Elkabetz, in abiti neri firmati dallo stilista Christian Lacroix) si aggira nel museo alla ricerca di oggetti biblici o religiosi legati alla sua storia. Arte, moda e cinema si intrecciano ancor più in Belle comme le jour, filiazione dichiarata da Bella di giorno di Buñuel e Belle toujours di de Oliveira che agli innumerevoli riferimenti cinematografici unisce lo scenario del Louvre e gli abiti dello stilista Nicolas Ghesquière.
In collaborazione con Ambassade de France - Institut Français
(Francia-Belgio/1977) di Chantal Akerman (85’)
segue
AFTER LUMIÈRE – L’ARROSEUR ARROSÉ (GB/1974) di Malcolm Le Grice (12’)
Chiudiamo con un “remake” o meglio un prolungamento di un classico dei Lumière: L’Arroseur arrosé. Il film è semplice. Un ragazzino fa uno scherzo a un giardiniere. Posa il piede sulla canna dell’innaffiatoio. Quando il giardiniere controlla perché l’acqua non esca, il ragazzo leva il piede schizzandolo. Nel suo film Le Grice aggiunge un terzo personaggio: una pianista, mentre il ragazzo è ora una ragazza vestita da maschio. La scena viene ripetuta e variata per quattro volte. Appena prima, osserviamo New York negli anni Settanta. Una corrispondenza intima di Chantal Akerman. (Rinaldo Censi)
(Germania/2016) di Sergei Loznitsa (94’)
“Il dispositivo del film è semplicissimo: riprese fisse, spesso lunghe diversi minuti, in bianco e nero, senza commento e senza musiche, che mostrano un campo di sterminio oggi, trasformato in meta turistica. Del luogo si vede poco o nulla, mentre abbiamo tutto l’agio di osservare le persone, spesso giovani, che vanno in giro a frotte, camminano, si fermano un attimo, ascoltano le spiegazioni delle guide o le ascoltano in cuffia, rispondono al telefonino, si abbracciano, si mettono a correre, e soprattutto fotografano e si fotografano. Il regista non giudica, ma fa emergere quietamente la riduzione della visita al campo a esperienza fugace e innocua. E quando appare una ragazza che, da sola, in silenzio, guarda fuori campo a lungo, forse toccata davvero, l’emozione è fortissima. Il film si apre e si chiude su due lunghe inquadrature ai cancelli del campo. Sembra la versione sinistra e simbolica del primo film della storia del cinema, L’uscita dalle fabbriche Lumière”. (Emiliano Morreale)
Incontro con Sergei Loznitsa
(USA/2015) di Alexandria Bombach e Mo Scarpelli (85’)
Una fotografia. Kabul, 1972: tre giovani donne a passeggio, sorridenti, in minigonna. Una realtà cancellata: dalla guerra, dal regime talebano, dal fondamentalismo, dalla shar’ia. E la fotografia è dichiarata illegale. Ma un paese senza fotografia è un paese senza identità. Per questo dal 2001, dopo la caduta del regime, in Afghanistan è emersa con ancora più urgenza la necessità di testimoniare la realtà di una terra devastata dai conflitti: è quello che fanno i quattro fotogiornalisti al centro del documentario,
Najibullah Musafer, Wakil Kohsar, Farzana Wahidy e Massoud Hossaini, Premio Pulitzer nel 2012.
In collaborazione con ArteCinema Festival Napoli
(Francia/2012) di Stephan L. Kuentz (52’)
“A sei anni volevo essere cuoco, a sette Napoleone, poi la mia ambizione non ha cessato di crescere”. A quarant’anni dalla morte di questo genio autoproclamato, il mito di Salvator Dalí continua a sopravvivergli attraverso la sua opera complessa e i suoi happening deliranti. Questo documentario, in parte girato nella città “daliniana” di Port Lligat, arricchito da innumerevoli materiali d’archivio, ne ricostruisce l’articolata parabola artistica e la personalità sovversiva.
A seguire
UN CHIEN ANDALOU (Francia/1929) di Luis Buñuel (15’)
Buñuel e Dalí lo scrivono insieme al sole di Cadaqués, facendovi collidere i reciproci sogni. Poi Buñuel lo gira coi soldi della madre. Sarà “la più esaustiva realizzazione del verbo surrealista, attraverso il libero accostamento di immagini e sequenze sulle ali dell’inconscio” (Vittorio Boarini).
Precede
La sequenza onirica ideata da Dalí per Io ti salverò (Spellbound, USA/1945) di Alfred Hitchcock. “Volevo Dalí per il segno della sua architettura, le ombre lunghe, le distanze che sembrano infinite, le linee che convergono nella prospettiva, i volti senza forma”.
In occasione della mostra Dalí Experience (Palazzo Belloni, fino al 7 maggio 2017)
opening 27 gennaio h 18.30
La mostra Elios drive-in /officina Giuliani ripercorre il lavoro artistico di Giuliano Giuliani, proposto all’interno degli spazi che a partire dal 1966 hanno ospitato Elios, il suo multiforme laboratorio di riproduzioni eliografiche e fotostatiche. Un luogo ben noto ai bolognesi, che ha accolto intere generazioni di studenti, professionisti, aziende e istituzioni, per soddisfare una vastissima gamma di produzioni grafiche, sempre al passo con i tempi. Un luogo anche di scambio e comunicazione, animato dal titolare Giuliani, dalla sua famiglia tutta impiegata nell’attività, dai tanti collaboratori che si sono avvicendati in questi cinquant’anni.
Un luogo dunque pieno di vita e che ha avuto sempre un occhio di riguardo verso l’arte, grazie alla dedizione e al lavoro dello stesso Giuliani, scultore di opere geometriche di grande formato, spesso destinate a spazi pubblici del territorio locale, oppure disseminate nel suo laboratorio stesso, o collocate nel personale giardino-paesaggio di Cà Vecchia, sulle colline di Crespellano, a pochi chilometri da Bologna. Luoghi ed occasioni comunque sempre aperte al pubblico, che hanno superato le usuali barriere del rapporto di servizio con la clientela. Il flusso creativo di tali opere ha trovato quindi un costante riscontro nel luogo di lavoro, manifestandosi attraverso modelli, disegni preparatori e fotografie, che hanno così affiancato i tanti progetti e realizzazioni che uscivano dalle macchine di stampa di quella formidabile officina.
Queste opere, nonostante le loro notevoli dimensioni, a volte hanno preso casa proprio lì, diventando presenze familiari per clienti ed operatori. Memobox riflette anche sull’architettura di questo laboratorio, concepita nel 1966 dal Gruppo Architetti Urbanisti Città Nuova – Mazzucato, Maccaferri, Zaffagnini, e costruita con animo libero e sperimentale: un inedito servizio drive -in alla base di un tradizionale edificio del centro storico cittadino, esempio ancora oggi emblematico e rappresentativo, nonostante le varie modifiche disposte nel tempo. Un luogo di memoria, in cui si avverte la traccia del lavoro manuale che ha sempre distinto questo laboratorio, ma anche il fare artistico di Giuliani, le cui opere sono il risultato di affiatate collaborazioni con gli artigiani esecutori, falegnami, fabbri, cementisti, che insieme a lui hanno traslato al vero i suoi affascinanti disegni esecutivi.
L’esposizione è accompagnata da un ambiente sonoro realizzato con una sequenza di brani musicali legati alla sperimentazione digitale ed elettronica, selezionati per far risaltare gli aspetti di ricerca contenuti nelle opere proposte e nello stesso spazio espositivo. La sequenza viene realizzata sia in diretta che in loop, con un set in buona parte programmato, ma anche modificabile secondo le linee di sviluppo dei vari momenti.
Mostra patrocinata da Ordine Architetti Bologna, in collaborazione con Leonardo Restauri. Cura e allestimento: Daniele Vincenzi / Camere Sonore; ambientazione sonora: Vivian-Maurizio Carli Moretti / Camere Sonore.
Orari d’apertura ART CITY Bologna
venerdi 27 e domenica 29 gennaio h 11 – 20
sabato 28 gennaio h 11 - 23
(Italia/2015) di Franco Maresco (115')
La vita e l'opera di una delle figure più significative del teatro del secondo Novecento. Una voce irripetibile e radicale capace di raccontare "la bellezza degli sconfitti". "Sono convinto che se non avessi avuto il privilegio di conoscere Franco Scaldati, il mio cinema sarebbe stato un'altra cosa. È stato Franco a farmi scoprire l'anima profonda della nostra città. Nessuno prima di lui ha raccontato il 'sottosuolo' palermitano, nessuno come lui ha rappresentato gli ultimi, gli esclusi, con la sua potenza poetica, reinventando una lingua" (Franco Maresco).
in dialogo con le collezioni Marsili e Monti di Palazzo Poggi | opening 27 gennaio h 18
Il lavoro di Mariateresa Sartori si inserisce perfettamente all’interno dello spirito della collezione di Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730) che intendeva sottolineare le regolarità di natura portatrici di verità e non le anomalie fonte di stupore e meraviglia.
Attraverso tecniche diverse che vanno dai frottages ai calchi, dalla fotografia stenopeica alla fotografia con il microscopio ottico, l’artista registra e riporta le variazioni generate dalla struttura sia essa animata o inanimata:sassi, sabbie, pianticelle, rocce. Cuore della ricerca è il concetto di variazione: le variazioni possibili sono infinite ma non tutte le variazioni sono possibili.
Da Utilità dei fini futili di Angela Vettese: “L’artista si fa dunque strumento di registrazione delle variazioni che si sono concretizzate nei sassi (e nelle piante), quelle e non altre, per caso e per necessità…nulla viene concesso alla sua personale facoltà inventiva e tantomeno emotiva, nell’intento di osservare ciò che è stato e di sapere che le cose sono andate proprio così o abbastanza così, anche se tutto poteva andare diversamente”.
Mariateresa Sartori non inventa nulla e tiene semplicemente conto della realtà come si presenta ai nostri sensi, ai nostri occhi e al nostro tatto restituendola in modo fedele o tanto fedele quanto gli umani sensi lo consentano. E’ vistosa l’assonanza con i principi costitutivi dell’Istituto delle Scienze di Palazzo Poggi nato secondo i criteri metodologici dell’osservazione diretta e dell’esperimento, diventando per gli scienziati europei del Settecento una sorta di “enciclopedia per i sensi”. Tuttavia la consapevolezza che in realtà le verità scientifiche sono molto spesso controintuitive (e quindi in contrasto con il nostro naturale sentire) sottolinea la irriducibilità di un fare che non tende al raggiungimento di un risultato. Non c’è bisogno che tutto sia finalizzato, il bisogno umano di comprendere la realtà tramite classi e categorie, semplificazioni e approssimazioni procede senza scopo ultimo se non quello della conoscenza.
L’ipotesi classificatoria marsiliana prende le mosse dalle pietre, dai fossili, dai minerali, e successivamente dalle piante. Allo stesso modo la ricerca di Mariateresa Sartori abbraccia pietre, minerali, fossili e piante attraverso tecniche diverse.
Mostra a cura di Lucia Corrain su invito di Angela Vettese
Orari di apertura: da martedì a domenica ore 10.00 - 16.00
Sabato 28 gennaio apertura speciale in occasione di ART CITY White Night dalle 10.30 alle 24
Bertozzi & Casoni al Museo di Palazzo Poggi | opening 27 gennaio h 18
Bertozzi & Casoni sono artisti che si esprimono attraverso sculture in ceramica. Il loro mondo è un insieme di elementi del quotidiano - residui di cibo, piatti sporchi, cestini da spazzatura, gusci d’uovo - che si trovano a contatto con un mondo naturale dall’aspetto intenso: fiori, bellissime orchidee, lumache, rettili, uccelli, oranghi.
Nell’immaginario di Bertozzi & Casoni, gli animali compaiono a turbare la banale condizione di una tavola dove qualcuno ha lasciato piatti sporchi e residui di cibo. Gli animali ritornano, con la loro presenza magica, a creare effetti anomali nelle pieghe della vita di ogni giorno. A volte si esibiscono nella loro magnificenza, come le farfalle colorate che ricoprono una sedia elettrica, oppure sembrano vittime innocenti dei rituali degli umani, come il varano trafitto dal puntale dell’albero di natale, o il gorilla decapitato su un piatto con decorazioni ispirate alle grottesche.
Ma ciò che veramente rende meraviglioso ogni assemblaggio di Bertozzi & Casoni è il fatto che ciascun minimo elemento da loro creato diventa perfetto nella loro traduzione in ceramica: tutto il loro mondo splende grazie a questa materia fragile e luccicante, che dona a ogni opera l’immobilità inquietante della “natura morta”. Per questo, l’attenzione dei due artisti non poteva trascurare l’atmosfera delle sale del Museo di Palazzo Poggi, da quelle dove si trovano le teche con gli animali di Ulisse Aldrovandi a quelle con le cere anatomiche. Qui, le opere di Bertozzi & Casoni sembrano poter trovare il luogo adatto per costruire un colloquio con il passato. Animali, piramidi di ossa, residui di uova, il varano, il gorilla, il vecchio Pinocchio di fronte alla Venerina di cera: di stanza in stanza i reperti del museo si trovano in risonanza con le opere ospitate, le ceramiche rimettono in moto l’immaginazione del visitatore. Ne nasce un percorso di continui rapporti che crea un nuovo racconto di “storie naturali”.
La mostra è curata dal DOC, Centro di Documentazione arti moderne e contemporanee in Romagna della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola; il percorso è ideato da Marco Antonio Bazzocchi e Lucia Corrain dell’Università di Bologna.
Orari di apertura: da martedì a domenica ore 10.00 - 16.00
Sabato 28 gennaio apertura speciale in occasione di ART CITY White Night
Presentazione del libro di Giorgio Montecchi (Mimesis, 2015). Ne parlano con l'autore Loretta De Franceschi e Paola Vecchi. Introduce Anna Manfron.
Nel tratto di strada percorso da questo primo volume - dal terzo millennio avanti Cristo ai primi del Cinquecento - si dipana la lunga storia del libro, visto come specchio della mente e strumento di lettura, cioè di dialogo tra gli uomini. Un manufatto che nel corso del tempo, pur mantenendo la sua identità dialogica, ha conosciuto molte metamorfosi nella configurazione testuale e nell'abito esterno: dalla forma di rotolo a quella dì codice; dal papiro alla pergamena e dalla pergamena alla carta; dalla scrittura manuale a quella stampata. E in seguito approdato al libro industriale del XIX secolo e al libro elettronico di questi ultimi decenni, con forme testuali e modalità di lettura affatto nuove.
Presentazione del libro di Vito Mancuso, Dio e il suo destino (Feltrinelli, 2015): ne parlerà padre Fabrizio Valletti, prete di Scampia. L'idea di Dio sembra essere scomparsa dall'orizzonte di noi occidentali, sempre più ossessionati da miti effimeri e ormai disposti a vendere al miglior offerente persino la nostra libertà. La sua assenza ci ha lasciati orfani di una guida in grado di orientare l'esistenza verso il bene e la giustizia, e per questo diventa necessario riflettere oggi sulla questione del divino. Ma quale Dio? Come possiamo ancora immaginarlo?
Appuntamento nell'ambito della rassegna “Leggere la Realtà”, convegni di storia, filosofia, letteratura, scienze, musica e attualità a cura dell'Università Primo Levi. Partecipazione libera
Francesco Campione, Luigi Ciotti, Ignazio Masulli e Daniele Vacchi presentano il libro di Luciano Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti (Einaudi, 2015) con particolare riferimento al tema del lavoro. Coordina Paola Borgna.
La strada imboccata da un capitalismoche contribuisce a far calare senza tregua il numero degli occupati è una delle linee principali di analisi di quella che Luciano Gallino ha chiamato la doppia crisi del capitalsimo e del sistema ecologico. Gallino ci spiega come e perché la riduzione ad esuberi di gran parte dei produttori diretti rappresenta una seria contraddizione nel cuore del capitalismo contemporaneo, e come quest'ultimo alimenti la crisi ecologica con le strategie messe in atto per rimediare alle crisi produttive da esso stesso provocate. Questo è lo sfondo sul quale Luciano Gallino ha condotto le sue indagini sul tema del lavoro, iniziate nei lontani anni '50 e continuate sino appunto a quelle contenute in questo libro sempre alla luce di una concezione della persona umana quale essere non identificabile unicamente in una risorsa produttiva o in un deposito mobile di forza lavoro erogabile a comando.
In collaborazione con la Società di Lettura, Gruppo abele, l'Associazione Libera e la libreria Ibs.
In occasione della quarantunesima edizione di Arte Fiera (27-30 gennaio), la Fondazione Cineteca di Bologna presenta un percorso di visioni per indagare le feconde intersezioni tra cinema e arte. Ci saranno ritratti d’autore, di fiction e non, dal Rembrandt di Peter Greenaway a Picasso, da Bosch a Hugo Pratt, documentari sull’arte preistorica e su quella contemporanea, sulla fotografia e sulla sperimentazione televisiva, da Nam June Paik a Ciprì e Maresco, e un programma curato da Rinaldo Censi che esplora come la videoarte, da Andy Warhol a Michael Snow, abbia ripreso e riattualizzato il cinema dei fratelli Lumière.
a cura di Gian Luca Farinelli, Rinaldo Censi, Andrea Morini
Ecco il programma dei giorni di #ArtCityBologna:
venerdì 27 gennaio ore 18 | intero € 6, ridotto € 4,5
AUSTERLITZ (2016, 94’) di Sergei Loznitsa
NOTTE E NEBBIA (1956, 32’) di Alain Resnais
venerdì 27 gennaio ore 20.15 | intero € 6, ridotto € 4,5
FRIDA, NATURALEZA VIVA (1984, 108’) di Paul Leduc
venerdì 27 gennaio ore 22.15 | intero € 6, ridotto € 4,5
NIGHTWATCHING (2007, 134’) di Peter Greenaway
sabato 28 gennaio ore 18 | intero € 6, ridotto € 4,5
HUGO PRATT - TRAIT POUR TRAIT (2016, 55’) di Thierry Thomas
sabato 28 gennaio ore 20 | ingresso libero
NAM PUNE PAIK & TV LAB: LICENSE TO CREATE (2014, 95’) di Howard Weinberg
sabato 28 gennaio ore 24 | intero € 6, ridotto € 4,5
OMAGGIO A MARINA ABRAMOVIĆ:
CITY OF ANGELS (1983, 22’) di Marina Abramović e Ulay
TERRA DEGLI DEA MADRE (1984, 15’) di Marina Abramović e Ulay
THE SPACE IN BETWEEN - MARINA ABRAMOVIC AND BRAZIL (2016, 97’) di Marco del Fiol
domenica 29 gennaio ore 18 | intero € 6, ridotto € 4,5
LES GENIES DE LA GROTTE CHAUVET (2015, 52’) di Christian Tran
PICASSO, NAISSANCE DE L’ICONE (2015, 52’) di Hopi Lebel
TAKE ME HOME (2016, 17’) di Abbas Kiarostami
domenica 28 gennaio ore 20.30 | € 8
IL CURIOSO MONDO DI HIERONYMUS BOSCH (2016, 90’) di David Bickerstaff e Phil Grabsky
ingresso ridotto con biglietto ARTE FIERA
per la presentazione del suo libro La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco (Laterza, 2016).
Ne parla con l’autrice Marco Antonio Bazzocchi.
"Lo sappiamo tutti: la prima reazione davanti a un testo in greco antico spazia dalla paralisi al terrore puro. Ho scelto nove ragioni per amare e per raccontare ciò che il greco sa dire in modo unico, speciale, diverso da ogni altra lingua – e sì, per spazzar via ogni paura trasformandola forse in passione. Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita. Non importa che sappiate il greco oppure no. Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi. Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire.” (Andrea Marcolongo).
In collaborazione con Librerie.Coop.
due recenti edizioni delle opere di Giovanni Botero (1544 - 1617) e una riflessione su Ciro Spontone.
Franco Farinelli e Romain Descendre conversano su Geopolitica, spazio, ragion di stato in occasione della pubblicazione di due libri di Giovanni Botero, Della ragion di stato, a cura di Pierre Benedittini e Romain Descendre (Einaudi, 2016) e Delle cause della grandezza delle città, a cura di Romain Descendre (Viella, 2016). Angela De Benedictis interviene sul tema Ragion di stato e luoghi dell'esperienza politica. Ciro Spontone, Segretario maggiore del Senato bolognese dal 1600 al 1602.
Giovanni Botero è un ‘classico della politica’, uno degli autori italiani ancora oggi fondamentali per comprendere l’evoluzione del pensiero politico moderno. Franco Farinelli, geografo, e Romain Descendre, studioso del pensiero politico italiano da Machiavelli a Gramsci, discutono sulle recenti edizioni di due sue opere che fin dalla loro prima pubblicazione (1588-1589) conobbero una amplissima diffusione in tutta Europa. Angela De Benedictis parla di uno dei tanti scrittori sulla ‘ragion di stato’ noto a livello europeo, Ciro Spontone, per illustrarne la sua relazione sulla natura del governo cittadino bolognese, il cui manoscritto è conservato presso l’Archiginnasio
In collaborazione con Alliance Française (Bologna) e Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.
Tre enigmi a Bologna
Incontro sul ritratto in bronzo di papa Giulio II realizzato da Michelangelo agli esordi del '500 per la Basilica di San Petronio e in seguito distrutto dai bolognesi.
L'evento, a cura di Eleonora Onghi e Luca Vivona di Arte Grand Tour, fa parte della rassegna Arte in Giallo nell'ambito del progetto curato da Cna Cultura e Creatività Bologna, Periferie creative: incontri, presentazioni di libri, laboratori per bambini e proiezioni di film-documentari nelle 10 Biblioteche di quartiere di Bologna per favorire visibilità e opportunità agli operatori culturali associati a Cna Bologna.
le attività di Fondazione Golinelli per ART CITY Bologna
A Opificio Golinelli ci sarà un’esposizione di opere di artisti africani dalla collezione di Marino e Paola Golinelli tra cui Cameron Platter, Gonçalo Mabunda, Ouattara Watts, Pascale Marthine Tayou. Nell’ambito del percorso tra le opere – che rispecchia una delle linee principali di ricerca della collezione, quella sull’arte realizzata al di fuori della scena occidentale – è proposto un focus sull’artista africano Abdoulaye Konaté (Dirè, Mali, 1953), di cui è presentata un’ampia selezione di lavori. Direttore del Conservatoire des Arts et Métiers Multimedia di Bamako, Konaté è uno degli artisti più riconosciuti del continente. Tipici della sua cifra stilistica sono “arazzi” di grande formato in cui centinaia di strisce di stoffa, principalmente cotone (una delle colture fondamentali del Mali), scendono a cascata combinandosi in affascinanti effetti cromatici. Inizialmente orientata all’astrazione, la sua ricerca si è aperta poi anche in parallelo a riferimenti alla realtà e al sociale, legandosi all’attualità geopolitica, in particolare alla guerra civile in Mali tra le forze governative, gli indipendentisti tuareg e i ribelli islamisti.
Incontro con l’artista: Abdoulaye Konaté: arte in Africa che si oppone al fondamentalismo, sabato 28 gennaio alle 19. L’appuntamento, condotto da Cristiana Perrella, sarà incentrato sul lavoro di Konaté e sulla situazione politica in Mali.
A Opificio Golinelli si tengono laboratori, letture e attività interattive tra arte e scienza per famiglie (domenica 29 gennaio, 16-19, ingresso libero su prenotazione): dalla costruzione di prototipi di città ideali alla stampa di fotografie con metodi antichi; dalla realizzazione di disegni attraverso l’aiuto di “artisti robotici” alla creazione di opere d’arte mediante la tecnica di analisi del DNA.
Tra le novità, anche un laboratorio concepito da Luca Trevisani dal titolo La materia si trasforma. Cambia colore, consistenza, odore, peso, forma, muta di continuo fino ad estinguersi. L’attività porterà i partecipanti alla realizzazione di sculture vegetali che verranno sottoposte a trattamenti fisico-chimici che ne modificheranno le caratteristiche. Al termine sarà consegnato un kit che consente di seguire le trasformazioni nel tempo (domenica 29 gennaio, ore 17 e 18.30).
Orari d’apertura ART CITY Bologna
venerdì 27 gennaio h 10.00 - 20.00
sabato 28 gennaio h 10.00 - 24.00
domenica 29 gennaio h 10.00 - 20.00
ingresso libero