Agenda cultura

Abbonamento a feed Agenda cultura
Concerti, spettacoli, cinema, mostre, teatro, laboratori per bambini, visite guidate: una panoramica completa degli eventi culturali organizzati a Bologna.
Aggiornato: 1 ora 1 min fa

Un Uomo, una Donna

Ven, 06/28/2019 - 10:40

(Francia/1966) di Claude Lelouch (102') | Introduce Claude Lelouch

UN UOMO, UNA DONNA
(Francia/1966) di Claude Lelouch (102')
Introduce Claude Lelouch


Regia: Claude Lelouch
Soggetto e sceneggiatura: Claude Lelouch, Pierre Uytterhoeven
Fotografia: Patrice Pouget, Jean Collomb. Montaggio: Claude Barrois
Scenografia: Robert Luchaire
Musica: Francis Lai
Interpreti: Anouk Aimée (Anne Gauthier), Jean-Louis Trintignant (Jean-Louis Duroc), Pierre Barouh (Pierre Gauthier), Valérie Lagrange (Valérie Duroc), Antoine Sire (Antoine Duroc), Souad Amidou (Françoise Gauthier), Yane Barry (l'amante di Jean-Louis), Simone Paris (la padrona della pensione), Paul Le Person (il benzinaio), Henri Chemin (l'altro pilota), Gérard Sire (speaker radiofonico)
Produzione: Les Films 13. Durata: 102'

Dopo l'insuccesso di Les Grands moments, ero rovinato. La mia casa di produzione era in fallimento, io ero pieno di debiti. Quando le cose mi vanno storte, salto sempre sulla mia macchina (perché è al volante che rifletto meglio e non corro il rischio di essere distratto) e filo verso una spiaggia della Normandia. Quel giorno arrivai a Deauville. Era il 13 settembre, una giornata fredda, ventosa, la spiaggia deserta, battuta dal mare grosso. Mi sono messo a camminare lungo la spiaggia verso Cabourg. E camminando vedevo lontano, davanti a me, una donna che mi veniva incontro, accompagnata da una bambina che le sgambettava accanto. Mi sembrava bella, elegante, avevo voglia di abbordarla. E mentre avanzavo verso di lei mi interrogavo. Mi chiedevo cosa potesse fare quella donna su quella spiaggia in un giorno del genere. Ho pensato che non doveva essere di Deauville... Ma la bambina? Ho pensato che fosse in un collegio della zona. Ecco perché sua madre veniva a trovarla e la portava fuori con qualsiasi tempo, io mi sono detto che forse avrei potuto offrirle un passaggio sulla mia macchina per rientrare a Parigi. Io sognavo... sognavo... e poi mi sono reso conto che avevo in mano l'attacco di una sceneggiatura. Allora mi sono precipitato in un caffè e, su un angolo di un tavolino, ho scritto a grandi linee il soggetto di Un uomo, una donna.

(Claude Lelouch)

Versione originale con sottotitoli italiani e inglesi

Forrest Gump

Ven, 06/28/2019 - 10:36

(USA/1994) di Robert Zemeckis (142')
precede la premiazione del concorso La Grande Occasione premio Canon dedicato a videomaker e filmmaker

In Piazza Maggiore arrivano i classici degli anni Novanta: e uno dei più grandi classici di quella decade è certamente Forrest Gump di Robert Zemeckis, interpretato naturalmente da Tom Hanks, in programma, nel cartellone di Sotto le stelle del cinema.
Ma prima della proiezione di Forrest Gump avremo l’opportunità di vedere i lavori vincitori del concorso promosso da Canon La Grande Occasione.
Una delle novità che segnano l’edizione 2019 di Sotto le stelle del cinema è la collaborazione tra Canon e Cineteca di Bologna. Un connubio che nasce dall’amore per le immagini di qualità e dalla volontà di far vivere storie attraverso di esse. Questa visione comune si è concretizzata alla fine dello scorso anno, quando la Cineteca ha preso parte ha uno dei più rappresentativi progetti Canon rivolto a videomaker e filmmaker: il premio La Grande Occasione. Giunto alla sua quarta edizione infatti, il concorso rappresenta un’occasione per talenti emergenti di mostrare la propria creatività e ispirazione artistica. 
La giuria premierà quattro progetti in diverse categorie: fiction, videoclip musicale, documentario, oltre a un primo classificato assoluto. 
La giuria del premio La Grande Occasione è presieduta da Stefano Belli, direttore di “Tutto Digitale” e si compone dei registi e sceneggiatori Antonio e Marco Manetti, del direttore marketing and professional imaging Massimiliano Ceravolo, del Canon Ambassador Ivan D’Antonio e del direttore di Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli.

Versione originale con sottotitoli

World Press Photo 2019

Ven, 06/28/2019 - 10:33

Introduce Lars Boering

Per il secondo anno consecutivo Sotto le Stelle del Cinema presenta una serata interamente dedicata al fotogiornalismo, in collaborazione con la scuola di fotografia Foto Image e la World Press Photo Foundation.
Sul grande schermo della Piazza verrano proiettate le foto vincitrici del World Press Photo 2019, alla presenza di Lars Boering, direttore della World Press Photo Foundation, Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, e Fulvio Bugani (Foto Image), vincitore del premio nel 2015.
La giuria ha esaminato 78.801 fotografie di 4.738 fotografi provenienti da 129 paesi e ha premiato fotografi in otto diverse categorie divise tra ‘foto singola' e ‘storia'. Tre dei vincitori sono italiani:
Lorenzo Tugnoli, fotografo dell'agenzia Contrasto, vincitore nella categoria ‘General News, Storie', con un lavoro sulla tragedia umanitaria in Yemen, finalista anche del World Press Photo Story of the Year e Premio Pulitzer per la fotografia.
Marco Gualazzini, fotografo dell'agenzia Contrasto, vincitore nella categoria ‘Ambiente, Storie', con un lavoro sulla crisi umanitaria nel Ciad, finalista di entrambi i premi Picture e Story of the Year.
Daniele Volpe, fotografo freelance, vincitore nella categoria ‘General News, Singole', con un lavoro sulle conseguenze dell'eruzione del vulcano Fuego in Guatemala.
Saliranno sul palco per presentare i loro lavori Marco Gualazzini e Lorenzo Tugnoli.


Il World Press Photo
È il più prestigioso concorso di fotogiornalismo del mondo. Premia i migliori scatti dell'ultimo anno, valutando sia la storia raccontata, sia la loro forza visiva. Il concorso è organizzato dalla World Press Photo Foundation, fondazione senza scopo di lucro nata nel 1955 ad Amsterdam. È suddiviso in diverse categorie e i premi sono assegnati da una giuria formata da professionisti indipendenti che cambiano ogni anno. Le foto vincitrici sono raccolte in una mostra itinerante che viaggia in 45 paesi del mondo e viene visitata da oltre quattro milioni di persone. Sono inoltre pubblicate in un volume dedicato disponibile in più lingue.


Le foto vincitrici
A vincere i due premi più importanti, il World Press Photo of the Year e il World Press Photo Story of the Year (novità di quest'anno), sono stati due fotografi che si sono occupati del problema delle migrazioni negli Stati Uniti: John Moore e Pieter Ten Hoopen. Moore ha vinto il World Press Photo of the Year, che premia la singola foto più significativa dell'anno, con l'immagine di una bambina honduregna di due anni che piange mentre la madre viene perquisita da un'agente alla frontiera tra Messico e Stati Uniti (sul fronte della cartolina).

Romanzo Criminale

Ven, 06/28/2019 - 10:31

(Italia-Francia-Gran Bretagna/2005) di Michele Placido (152')
Introduce Riccardo Scamarcio

Introduce Riccardo Scamarcio

Regia: Michele Placido. Soggetto: dal romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo. Sceneggiatura: Giancarlo De Cataldo, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Michele Placido. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Esmeralda Calabria. Scenografia: Paola Comencini. Musica: Paolo Buonvino. Interpreti: Kim Rossi Stuart (il Freddo), Pierfrancesco Favino (il Libanese), Claudio Santamaria (il Dandi), Stefano Accorsi (commissario Scialoja), Riccardo Scamarcio (il Nero), Jasmine Trinca (Roberta Vannucci), Anna Mouglalis (Cinzia ‘Patrizia' Vallesi), Antonello Fassari (Ciro Buffoni), Stefano Fresi (il Secco), Elio Germano (il Sorcio)
Copia proveniente da CSC - Cineteca Nazionale

Di fronte ai caporioni della banda della Magliana, nelle vivide incarnazioni di Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria e compagni, non si può che detestarli da principio alla fine. Arroganti, sbruffoni, violenti, machisti, drogati, incapaci di lealtà nei confronti l'uno dell'altro; e pronti a prestarsi per denaro ai più bassi servizi pretesi dalla politica e dallo spionaggio. [...] Il tutto in un sovrapporsi di illazioni e false piste destinate a vanificarsi in testimonianze reticenti e in dubbie accuse di pentiti, opinabili soprattutto quando vengono chiamati in causa i poteri occulti. [...] Romanzo criminale non è sociologico né dietrologico. È un colpo d'occhio inquietante e atroce che affonda nel buio della coraggiosa fotografia di Luca Bigazzi, proponendosi come un affresco della Roma anni Ottanta. Un periodo nero, che vede l'innesto della criminalità comune su quella politica e viceversa fino a far cadere le barriere tra l'una e l'altra.

(Tullio Kezich)


Mi sono emozionato quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura, a cui ho rimesso un po' mano in seguito. Ho ridotto le battute, ho reso il tutto più secco. Mi sono mosso come per altri film d'impegno civile da me diretti o interpretati, da Un eroe borghese a Mery per sempre, seguendo la lezione di quelli che mi hanno insegnato questo mestiere: Francesco Rosi, Elio Petri, Damiano Damiani, Marco Bellocchio. Vorrei che con Romanzo criminale si riaprisse un filone classico del cinema italiano. La nostra storia è disseminata di armadi pieni di scheletri che chiedono di uscire ed essere raccontati.

(Michele Placido)


Romanzo criminale ha significato l'incontro con grandi attori, più grandi di me, in un film tratto da un romanzo vendutissimo. È stato un progetto dispendioso, una delle produzioni italiane più grosse del decennio. Fra l'altro tutti gli attori che vi hanno partecipato sono effettivamente diventati gli interpreti italiani più importanti. Quando il personaggio che fai non è un protagonista, ma una sorta di colore nel film, hai meno elementi per costruirlo. L'esperienza di Romanzo criminale mi ha dato la possibilità di lavorare in tal senso. Ho dovuto imparare a far uscire il carattere avendo a disposizione poche scene, tenendo sempre ben presente il ‘contesto' in cui andava di volta in volta ad inserirsi e il percorso dei personaggi con cui si trovava ad interagire. Il Nero è una figura piuttosto taciturna, si esprime attraverso l'azione, e quindi dovevo riuscire a renderlo lavorando sul corpo. Avrei potuto fare riferimento a figure come Fioravanti o Abbruciati o guardare a caratteri letterari, ma ho preferito creare dal nulla il Nero, partendo dalle note di De Cataldo. Credo che il Nero sia il prodotto di un'ideologia spinta all'estremo. Le sue origini sono evidentemente borghesi, lo si nota da come si veste e da una certa eleganza nell'incedere. È diverso dagli altri della banda, lo si intuisce dal modo in cui si rapporta con loro. Ho cercato di farne un uomo distaccato, fiero, una figura epica che, dietro al superomismo, nasconde una certa fragilità.

(Riccardo Scamarcio)


Versione originale con sottotitoli

Come un Gatto in Tangenziale

Ven, 06/28/2019 - 10:28

(Italia/2017) di Riccardo Milani (98')
Introducono Paola Cortellesi e Riccardo Milani

Introducono Paola Cortellesi, Riccardo Milani e Andrea Maioli

Regia: Riccardo Milani. Sceneggiatura: Riccardo Milani, Paola Cortellesi, Giulia Calenda, Furio Andreotti. Fotografia: Saverio Guarna. Montaggio: Patrizia Ceresani, Francesco Renda. Scenografia: Maurizia Narducci. Musica: Andrea Guerra. Interpreti: Paola Cortellesi (Monica), Antonio Albanese (Giovanni), Sonia Bergamasco (Luce), Luca Angeletti (Giulio), Antonio D’Ausilio (Francesco), Alice Maselli (Agnese), Simone de Bianchi (Alessio), Claudio Amendola (Sergio), Franca Leosini (se stessa). Produzione: Mario Gianani, Lorenzo Mieli, Lorenzo Gangarossa per Wildside, Vision Distribution in collaborazione con Sky Cinema. Durata: 98’

Ogni film per me nasce dal desiderio di raccontare e soprattutto condividere una storia. Forse mai come in questo film raccontarla è stato per me divertente e liberatorio. Perché, da padre di tre figlie femmine, l’avventura umana che vivono i nostri protagonisti, Giovanni e Monica, è qualcosa che conosco abbastanza bene. In fondo ogni genitore, anche senza volerlo, si costruisce, giorno dopo giorno, un’idea dei propri figli per poi accorgersi ad un tratto che loro, in realtà, sono altro da noi. E che magari anche il mondo che ci propongono è altro da noi. Le loro passioni, i loro amici e spesso anche i loro amori. Ed è una grande opportunità perché, grazie ai nostri figli, siamo costretti ad uscire dalla nostra zona protetta, e a misurarci appunto con ‘l’altro’.
Come un gatto in tangenziale racconta questa opportunità, quella appunto di confrontarci direttamente con chi è lontano da noi per classe sociale, cultura o nazionalità. Darci la possibilità di entrare in quel contraddittorio, riesce a mettere in discussione le nostre sicurezze e a permetterci così un lusso che sempre più ci fa paura: quello di cambiare. O forse meglio, quello di capire. O forse, ancora meglio, quello di sapere prima di parlare e giudicare.

(Riccardo Milani)


Come avviene spesso nei film di Milani, il tentativo è affrontare con il sorriso temi importanti e raccontare il malcontento che esiste in chi vive ai margini della città, ma anche la distanza tra questi ultimi e le persone chiamate a risolvere i problemi. È difficile far ridere parlando di cose serie ma è sempre stata questa la mia ambizione. Quando scriviamo, io e Riccardo non pensiamo alla pura evasione ma a un’occasione per comunicare con il maggior numero di spettatori affrontando anche temi non facili. È questo il vero compito della commedia. Sono spettatrice ammirata di tanti film drammatici, comici o con registri diversi ma il mio genere preferito è questo, finora è quello che mi corrisponde di più perché è uno strumento per catturare l’attenzione in maniera sana.

(Paola Cortellesi)


Lo scontro tra Albanese borghese di sinistra che s’indigna al detto “è tutto un magna magna” e va a Bruxelles a sproloquiare di periferie e contaminazione, e Cortellesi che nella periferia contaminata di Roma ci vive odiando intensamente i vicini bangla, rumeni o nordafricani. Ambedue preoccupati per la frequentazione amorosa tra i figli adolescenti e per questo costretti a frequentarsi. Con episodi esilaranti come le due speculari gite al mare. Quella cafona alla spiaggia super inquinata di Coccia di Morto, e quella sofisticata al WWF di Capalbio, impietosa caricatura memore dell’indimenticabile Ferie d’agosto di Virzì. Ci voleva un certo coraggio ad affrontare, da un punto di vista di sinistra, la retorica paternalista della ‘contaminazione’.

(Paolo D’Agostini)

Versione originale con sottotitoli

I 400 colpi

Ven, 06/28/2019 - 10:18

(Les Quatre cents coups, Francia/1959) di François Truffaut (99')

Regia e soggetto: François Truffaut. Sceneggiatura: François Truffaut, Marcel Moussy. Fotografia: Henri Decaë. Montaggio: Marie-Josèphe Yoyotte. Scenografia: Bernard Evein. Musica: Jean Constantin. Interpreti: Jean-Pierre Léaud (Antoine Doinel), Claire Maurier (signora Doinel), Albert Remy (signor Doinel), Guy Decomble (il professore), Patrick Auffay (René Bigey), Georges Flamant (signor Bigey), Yvonne Claudie (signora Bigey), Robert Beauvais (il preside). Produzione: Georges Charlot per Les Films du Carrosse/SEDIF. Durata: 100'
Restaurato da MK2

Introduce Roy Menarini


Anch'io ho avuto una carriera scolastica molto movimentata, ma nei 400 colpi non tutto è autobiografico, anche se è tutto vero. Che quelle avventure siano state vissute da me o da un altro non ha importanza, l'essenziale è che sian state vissute. Ho capito subito che era impossibile scrivere dialoghi per ragazzini: così davamo loro in mano la situazione ed erano loro stessi a formulare le frasi. Girare con bambini è una grande tentazione prima, un grande panico durante (perché è una materia spaventosa che ti scivola tra le dita) e un'immensa soddisfazione dopo. Anche quando pensavo che tutto andasse alla deriva, c'era qualcosa che si salvava, e in ogni caso è sempre il bambino la cosa migliore che c'è sullo schermo. Ho avuto una fortuna incredibile a incontrare quel ragazzino. Era un personaggio, o meglio, ha migliorato il film. Io vedevo Antoine più fragile, più indifeso, meno aggressivo, Jean-Pierre gli ha dato la sua forza, la sua aggressività, il suo coraggio. È stato un collaboratore prezioso, per istinto trovava i gesti giusti, rettificava il testo, sempre con esattezza, e impiegava le parole che aveva voglia d'impiegare.

(François Truffaut)

Con I 400 colpi Truffaut entra nel cinema francese moderno come nel collegio della nostra infanzia. Ragazzi umiliati di Bernanos. Ragazzi al potere di Vitrac. Ragazzi terribili di Melville-Cocteau. E ragazzi di Vigo, ragazzi di Rossellini, insomma ragazzi di Truffaut, espressione che passerà dopo l'uscita del film nel linguaggio comune. Si dirà presto i ragazzi di Truffaut come si dice i lancieri del Bengala, i guastafeste, i re della mafia, gli assi del volante, o anche per dirla in due parole i drogati del cinema. Nei 400 colpi la macchina da presa del regista dei Mistons sarà di nuovo non ad altezza d'uomo, come nel padre Hawks, ma ad altezza di ragazzo. E se si sottintende arroganza, quando si dice altezza, allora I 400 colpi sarà il film più arrogante, più orgoglioso, più testardo, più ostinato, in due parole per finire, il film più libero del mondo. Moralmente parlando. E anche esteticamente. Gli obiettivi della macchina da presa regolati da Decaë ce ne riempiranno gli occhi come quelli del Trapezio della vita. Il découpage sarà vivo e arioso come quello di La stagione del sole. I dialoghi e i gesti mordenti, come in Faccia d'angelo. Il montaggio delicato come quello della Divina. La preziosità farà capolino come in Furia selvaggia. Questi titoli non si susseguono a caso sotto i tasti della mia Japy elettrica. Fanno parte della lista dei dieci migliori film dell'anno 1958 secondo Truffaut. Affascinante e bella famiglia alla quale I 400 colpi si integrerà alla perfezione. Per riassumerci, che dire? Questo: I 400 colpi sarà un film firmato Franchezza, Rapidità, Arte, Novità, Cinematografo, Originalità, Impertinenza, Serietà, Tragicità, Refrigerio, Ubu-Roi, Fantastique, Ferocia, Amicizia, Universalità, Tenerezza.

(Jean-Luc Godard)

Versione originale con sottotitoli italiani e inglesi

Dilili a Parigi

Ven, 06/28/2019 - 10:16

(Dilili à Paris, Francia-Germania-Belgio/2018) di Michel Ocelot (95')
Introduce Michel Ocelot

Regia, sceneggiatura, storyboard, modelli e immagini: Michel Ocelot. Montaggio: Patrick Ducruet. Musica: Gabriel Yared. Produzione: Christophe Rossignon, Philip Boëffard, Eve François-Machuel, Pierre Guyard per Nord-Ouest Films, Studio O, Arte France Cinema, Mars Films, Wild Bunch, Artemis Productions, Senator Film Produktion, Mac Guff. Durata: 95'

Introduce Michel Ocelot

Dall'Africa nera di Kirikù e dal medioevo arabo di Azur e Asmar, da quelle atmosfere da Mille e una notte, questa volta Ocelot (che è al contempo sceneggiatore, regista e anche animatore) ci trasporta nella Parigi della Belle Époque, e sceglie come guida una ragazzina kanak originaria della Nuova Caledonia, portata a Parigi per ‘recitare' in un'installazione che dovrebbe riprodurre un modo di vita esotico per il pubblico dell'Esposizione universale, ma che poi si libera, esce dallo ‘zoo umano', va in giro vestita come una bambola (abitino bianco con fiocco e cintura giallo limone) e ci presta il suo stupore nella scoperta di una Parigi caput mundi dove vivono fianco a fianco artisti come Monet, Renoir, Picasso, Debussy, Satie, Proust, Toulouse-Lautrec e tanti altri.
Questa volta la tecnica di alto artigianato di Ocelot è ancora più raffinata del solito. Parigi infatti non è disegnata, è fotografata dallo stesso Ocelot (migliaia e migliaia e migliaia di foto, scattate con pazienza giorno dopo giorno...). Dalle immagini così ‘catturate' Ocelot cancella poi ogni traccia di modernità, ogni segno che possa dare alla storia una connotazione temporale ben precisa, in modo da consentire alle sue immagini fotografiche di essere credibili e verosimili come sfondo di una vicenda ambientata all'inizio del Novecento. Poi su queste foto così ‘ripulite' Ocelot interviene con il disegno animato. Così la sua piccola Dilili, il suo chaperon (il bellissimo Orel) e tutti gli altri personaggi sono disegni animati, così come lo sono le luci (le luci! Che meraviglia...!). La festa per gli occhi è assicurata, anche perché il gusto di Ocelot oscilla fra il liberty e l'Art déco, ma con vistose influenze anche da pittori come Rousseau e Ligabue. Su questo impianto pittorico di rara raffinatezza, dove tutto si anima con un'eleganza da togliere il fiato, Ocelot innesta una parabola morale dalle fortissime implicazioni culturali e perfino politiche.

(Gianni Canova)

Parigi è una città magnifica così com'è. Non c'è bisogno di ricrearla, basta fotografarla. Quando guardo l'Opéra e il suo ingresso ricoperto d'oro, non posso pensare di ricreare tutto ciò con la mia misera tavoletta grafica. Celebro anche l'Art Nouveau con i suoi oggetti straordinari, giochi di forme e materiali diversi, il tutto in una combinazione molto raffinata. Non si può fare qualcosa di migliore rispetto a ciò che grandi artisti hanno impiegato una vita intera a realizzare. Mi sono trovato davanti a un piccolo problema nel rappresentare Parigi durante la Belle Époque: c'erano soltanto persone bianche. Non mi era mai successo nei film precedenti! Mi è sembrato un impoverimento per il mio pubblico e per me stesso. Il primo contatto che i parigini ebbero con popoli di culture differenti avvenne attraverso i ‘villaggi indigeni' ricreati nei parchi. Leggendo il diario di Louise Michel, deportata in Nuova Caledonia, ho scoperto che si era molto interessata al paese, ai suoi costumi, alle leggende e soprattutto poté continuare il suo lavoro come istitutrice per i piccoli canachi. Così, i piccoli canachi impararono a leggere e scrivere in francese e io ho immaginato uno di loro far parte della troupe di uno di quei villaggi ricreati a Parigi.

(Michel Ocelot)


Versione italiana

The Doors

Ven, 06/28/2019 - 10:13

(USA/1991) di Oliver Stone (140')
Introduce Oliver Stone

Introduce Oliver Stone

Regia: Oliver Stone. Sceneggiatura: Randall Jahnson, Oliver Stone. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: David Brenner, Joe Hutshing. Scenografia: Barbara Ling. Musica: The Doors. Interpreti: Val Kilmer (Jim Morrison), Meg Ryan (Pamela Courson), Kyle MacLachlan (Ray Manzarek), Frank Whaley (Robby Krieger), Kevin Dillon (John Densmore), Michael Wincott (Paul Rothchild), Michael Madsen (Tom Baker), Josh Evans (Bill Siddons), Kathleen Quinlan (Patricia Kennealy), Billy Idol (Cat). Produzione: Bill Graham, Sasha Harari, A. Kitman Ho per Carolco, Bill Graham Films, Imagine Entertainment. Durata: 140'
 

Jim Morrison per me è più di un musicista di talento. È una figura culturale dionisiaca, un'icona, un poeta, un formidabile poeta. Penso sia stato frainteso. Quel che è interessante del film, a ben vedere, è che fornisce una cronologia. Le canzoni appaiono in ordine cronologico e cambiano nel corso della breve ma intensa carriera di Morrison. Le canzoni rappresentano il suo stato d'animo dominante in ciascun capitolo. [...] La sceneggiatura di The Doors è stata sempre problematica, anche mentre lo stavamo girando, ma la musica ha contribuito a darle unità. L'ho riscritta nell'estate del 1989 a Santa Barbara, più come un poema sinfonico che come una normale sceneggiatura. Il concetto era che il filo esistenziale di Morrison è sempre stato presente nei suoi testi. Ho scelto le canzoni adatte e ho composto ciascuna parte del film in modo che il suo stato d'animo fosse in sintonia con la canzone. Era una specie di musical; tanto che ho deciso di girarlo al posto di Evita, lungamente progettato. Le motivazioni dei personaggi per qualcuno erano opache, per altri erano più chiare. Io mi sono affidato ai testi per raccontare la sua storia. Ho cercato di non infilare le mie razionalizzazioni tra noi e le canzoni, di non cercare motivazioni a tutti i costi.
Morrison, che non fu mai completamente una figura ‘di massa' e non ebbe mai la fama di un Elvis, si considerava uno sciamano: ascoltava uno stato interiore che elaborava in forma poetica per la tribù. Uno sciamano deve essere in contatto con la terra, con il cielo, con le forze divine. Ma Jim, smussando la propria intensità, si vedeva anche come un clown; la maggior parte dei testimoni ne ricorda la dolcezza, l'intelligenza e naturalmente il talento. Eppure pochi capiscono quanto abbia veramente realizzato nella sua breve vita. Preferisco pensarlo come un santo stolto, un bastian contrario nella nostra tribù. Lunga vita a quelli come lui. [...] Jim Morrison era un uomo che aveva intrapreso una ricerca solenne, incorniciata dalla morte. Per lui il successo della rockstar non sarebbe mai stato sufficiente. Era un mutante, il dio di se stesso, alla ricerca dei propri sogni e in fuga dalle proprie furie. Ha compiuto la sua missione nel mondo.
(Oliver Stone)


Versione originale con sottotitoli in italiano

Wall Street

Ven, 06/28/2019 - 10:08

(USA/1987) di Oliver Stone (126')

Regia: Oliver Stone. Sceneggiatura: Stanley Weiser, Oliver Stone. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: Claire Simpson. Scenografia: Stephen Hendrickson. Musica: Stewart Copeland. Interpreti: Michael Douglas (Gordon Gekko), Charlie Sheen (Bud Fox), Daryl Hannah (Darien Taylor), Martin Sheen (Carl Fox), Hal Holbrook (Lou Mannheim), Sean Young (Kate Gekko), John C. McGinley (Marvin), Saul Rubinek (Harold Salt). Produzione: Edward R. Pressman per Twentieth Century Fox Film Corporation, American Entertainment Partners L.P. Durata: 121'

Ho preso spunto da numerosi successi e fallimenti di Wall Street per rendere più autentico il look del film. Inoltre, mio padre ha lavorato a Wall Street per gran parte della sua vita e mi ha fatto conoscere molte persone che avevano come loro sistema di valori, e unico credo, l'avidità. Ricordo ancora vividamente gli uffici ammuffiti senza luce in fondo alla Wall Street degli anni Cinquanta. Abbiamo parlato con i criminali che sono stati arrestati, con i procuratori della SEC (l'ente federale statunitense che vigila sulla borsa valori), praticamente con chiunque avesse una storia e fosse disposto a raccontarcela. Diversi critici di Wall Street si sono lamentati del suo moralismo bianco-nero. Alcuni lo hanno visto come un ‘attacco a Wall Street'. Ma semmai, alla luce delle reazioni suscitate nel corso degli anni, mi sembra che sia vero il contrario. Gordon Gekko (Michael Douglas) risulta essere, perversamente, il personaggio più seducente della storia. Nello stesso modo in cui anni dopo Mickey e Mallory emergono dal calderone di Assassini nati o, anni prima, Al Pacino in Scarface, Gordon Gekko diviene un diavolo tentatore, un Mefistofele degli anni Ottanta. E nonostante tutto è stato un eroe per tanti giovani di questo e di quel periodo di crisi. In ogni parte del mondo la gente continua a venire da me, esclamando: "Grande film! Ho adorato Gordon Gekko!" Se è stato dipinto in maniera così negativa, come mai alla gente è piaciuto tanto e Michael Douglas ha vinto un Oscar come miglior attore nel 1987? Questo sarebbe dunque un ritratto ‘bianco e nero'? È significativo che il suo discorso "Greed is good" sia citato spesso, dal momento che, sotto molti aspetti, rappresenta un punto di vista vicino al sentire comune. A volte le cose che sono più pericolose per noi sono anche le più seducenti, esattamente come per Charlie Sheen nel film.

(Oliver Stone)

Quanto è abbastanza? Continua a chiedere il ragazzo al finanziere e trader milionario. Quanti soldi vuoi? Quanti per ritenerti soddisfatto? Il trader riflette, ma la risposta è che non lo sa. Non sa nemmeno cosa pensare della questione. Passa tutto il giorno a cercare di fare più soldi che può, e allegramente piega o infrange la legge per fare sempre più milioni, ma in qualche modo il concetto di ‘abbastanza' gli sfugge. Come tutti i giocatori d'azzardo forse non è neppure interessato ai soldi. I soldi non sono che il modo per continuare a fare punti.

Il milionario è un predatore, uno speculatore, uno squalo di Wall Street. Il suo nome è Gordon Gekko.
Wall Street è una critica feroce alla mentalità del capitalismo finanziario. Ha una struttura narrativa tradizionale: il giovane affamato di successo è affascinato, sedotto dall'uomo più anziano e affermato, e quando viene tradito prova a ribaltare la situazione. Pochi uomini nel cinema recente sono stati più freddi e spietati di Gekko, e più convincenti.

(Roger Ebert)


Versione originale con sottotitoli in italiano
 

Papa Francesco - un Uomo di Parola

Ven, 06/28/2019 - 09:56

(Pope Francis - A Man of His Word, Germania-Svizzera-Vaticano-Italia-Francia/2018) di Wim Wenders (96') Introduce Mons. Zuppi

Introduce Mons. Zuppi

Regia: Wim Wenders. Sceneggiatura: Wim Wenders, David Rosier. Fotografia: Lisa Rinzler. Montaggio: Maxine Goedicke. Musica: Laurent Petitgand. Produzione: Samanta Gandolfi Branca, Alessandro Lo Monaco, Andrea Gambetta per CTV - Centro Televisivo Vaticano, Célestes Images, Solares Fondazione Delle Arti, Neue Road Movies, Decia Films, Fondazione Solares Suisse, PTS Art's Factory. Durata: 92'
 

Sono stato chiamato a realizzare questo film da Monsignor Dario Edoardo Viganò che ha pensato fossi la persona adatta per questo compito di così grande responsabilità. Con il mio cinema ho sempre tentato di trasmettere ciò che amo e che mi tocca da vicino. Quando scrivevo di cinema mi sono occupato solo dei film che mi piacevano. Non sono una mente critica, ma una mente che ama. Ho cominciato ad amare Bergoglio dieci secondi prima di vederlo, quando ho sentito che si sarebbe chiamato Francesco. Sono una persona molto spirituale, anche se mi spaventa la rigidità delle istituzioni e ho preso quest'uomo venuto dalla fine del mondo, umile e coraggioso, molto seriamente perché nel XXI secolo ci costringe a riflettere su tutto quello che finora abbiamo dato per scontato, predicando l'eguaglianza e la giustizia sociale, ricordandoci che la famiglia si costruisce col tempo speso insieme e che si può vivere con molto meno. Abbiamo avuto quattro lunghi incontri/intervista con Papa Francesco, in quattro pomeriggi nel corso di due anni. Ne abbiamo realizzati tre nelle stanze vaticane e uno in un giardino, sempre all'interno delle mura. Abbiamo girato con diverse macchine da presa, la principale equipaggiata con uno strumento chiamato ‘interrotron' che ha permesso a Papa Francesco di vedermi su uno schermo e guardarmi mentre parlavamo, ma allo stesso tempo di guardare dritto nell'obiettivo e quindi negli occhi di tutti coloro che vedranno il film. È stato uno dei momenti più emozionanti e importanti della mia vita.
In un'epoca di profonda sfiducia nei confronti dei politici e delle persone al potere che non possono più rappresentare quello che rappresentano, quando le bugie, la corruzione e le notizie false sono all'ordine del giorno, il film mostra un uomo umile e coraggioso, che mette in pratica ciò che predica, conquistando così la fiducia delle persone in tutto il mondo, di tutti i background religiosi, culturali e sociali. Ecco perché penso che questo non sia solo un film per i cattolici o i cristiani, ma per l'umanità intera. Ho ideato il film sia dal punto di vista visivo che narrativo nella speranza di coinvolgere il pubblico in una sorta di faccia a faccia con il Papa, stabilendo un dialogo tra lui e il mondo. Quel mondo che Francesco attraversa per dialogare con potenti leader, ma soprattutto con la gente comune, contadini e lavoratori, rifugiati, bambini e anziani, detenuti e persone che vivono nelle baraccopoli. Credo che il mio cinema possa avere degli elementi in comune con le parole del Papa, parole che sento molto vicine al mio cuore, che dicono cose semplici ma al tempo stesso profonde, capaci di toccare l'anima delle persone.
(Wim Wenders)

Versione originale con sottotitoli inglesi

Bologna città creativa

Gio, 06/27/2019 - 15:16

incontro con Michele Napolitano, Direttore del Coro Papageno, coro polifonico composto dai detenuti e dalle detenute del carcere “Dozza” di Bologna

A cura di Pier Francesco Pacoda.

Prima della prima

Gio, 06/27/2019 - 15:07

presentazione de "Italiana" con il giornalista Luca Baccolini e i protagonisti dell'opera

In collaborazione con Teatro Comunale di Bologna.

Funkyland

Gio, 06/27/2019 - 15:03

I​l centro storico di Persiceto si trasforma in una grande discoteca funky a cielo aperto. A partire dalle ore 19 e fino a tarda notte nel centro storico grande festa con l’ottava edizione di “Funkyland”, divenuto ormai l’evento musicale d’eccellenza dell’estate persicetana. In programma degustazione cocktails e aperitivi, in compagnia di tantissime postazioni Dj per ascoltare, ballare e divertirsi con la musica Funky e anni ’70. 

Alle 21 in piazza del Popolo concerto dal vivo della live band Bononia Sound Machine. Il pubblico è invitato a vestirsi a tema: a fine serata si terrà la premiazione “Miglior abbigliamento anni ‘70”. 

L’ingresso è gratuito. 

Fra Copland e Gershwin

Gio, 06/27/2019 - 14:36

Leonard Bernstein e la creazione della musica americana | con Gianni Morelenbaum Gualberto

Le composizioni di Bernstein sfuggono a facili definizioni o etichette: grande ammiratore di taluni lavori orchestrali di Gershwin, egli ne prosegue ed estende le intuizioni con un talento musicale che può solo definirsi geniale. Per molto tempo, soprattutto in Europa, Leonard Bernstein venne considerato un geniale direttore d’orchestra senza che grande importanza venisse attribuita al suo ruolo di compositore. Oggi possiamo dire, invece, che Bernstein è stato uno dei padri della musica americana del Novecento, autore di folgoranti sincretismi, capace di un'onnivora assimilazione di linguaggi che si manifesta in molti dei suoi più celebri lavori, quali West Side Story e Mass. West Side Story è il Fidelio americano, è Shakespeare riletto attraverso Tocqueville, è l’America alla spasmodica ricerca del sublime, è il dramma giocoso nel Nuovo Mondo, incrocio vertiginoso fra dramma e balletto, fra opera e teatro musicale, fra accademia e cultura popolare, fra tragedia shakespeariana e commedia musicale, fra Broadway e le periferie di New York.

Gianni Morelenbaum Gualberto, pubblicista, americanista, cresciuto in un ambiente familiare dalle molte “ramificazioni”: francesi, afro-brasiliane, polacche, ebree, argentine in cui l’ascolto del jazz era pratica quotidiana, scrive di jazz sulle riviste più autorevoli. Ex docente (“con molti dubbi”, come lui stesso dice) della cattedra di Musica II nel corso di laurea in Economia delle Arti, Cultura e Comunicazione presso la Bocconi è stato direttore artistico per oltre 20 anni di Aperitivo in Concerto al Teatro Manzoni di Milano, illuminante e colta rassegna per gli appassionati di jazz e musiche contemporanee. Dalla metà degli anni '70 collabora in Italia con Rai Radio Televisione Italiana, Curcio Editore (autore di oltre 600 voci per l’Enciclopedia della Musica e per l’Enciclopedia del Jazz ), Teatro dell'Opera di Roma, consulente artistico per il Teatro Bellini di Catania; all'estero con Rockefeller Foundation - Department of Arts and Humanities (New York) e dal 1979 al 1983 con Amberson Productions (New York) come assistente alla produzione del M.° Leonard Bernstein. Tra i vari incarichi oggi è consulente artistico (musica, danza, progetti speciali) del Teatro Franco Parenti di Milano.

A cura di Associazione Culturale Ex B.

Riscoprire Satchmo: Louis Armstrong trombettista, cantante, scrittore, artista totale

Gio, 06/27/2019 - 14:31

con Stefano Zenni

Louis Armstrong ha cambiato il corso della storia della musica. Ma dietro l'intrattenitore immensamente popolare e le sue radicali innovazioni artistiche, si cela anche un individuo poliedrico, fuori del comune.  Crediamo di conoscere tutto di Louis Armstrong, uno dei più geniali e influenti musicisti del nostro tempo. La forza innovativa del suo solismo jazz, la travolgente libertà del canto scat, il buonumore irresistibile dell’uomo di spettacolo, la maschera dell’artista pop che ha conquistato il mondo. Ma dietro l'intrattenitore troviamo lo scrittore e l’umorista, l'attivista in equilibrio tra impegno e potere, il creativo tecnologico, e soprattutto un essere umano straordinariamente consapevole del suo posto unico nella storia della musica. Un posto che chiede anche a noi una nuova consapevolezza della sua grandezza, da riscoprire riascoltando con altre orecchie la sua musica, ed entrando - con immagini, filmati, documenti - nelle pieghe della sua personalità poliedrica, verso e proprio trionfo del corpo afroamericano che ha superato la schiavitù, il razzismo e l’oppressione a suon di musica. Una lezione oggi più che mai bruciante.

Stefano Zenni è docente di Storia del jazz e della musica afroamericana presso il Conservatorio di Bologna e Storia della Musica presso la scuola di teatro L’Oltrarno del Teatro della Pergola di Firenze. E’ stato direttore artistico del Torino Jazz Festival dal 2013 al 2017 e da più di venti anni è direttore artistico della rassegna Metastasio Jazz presso il Teatro Metastasio di Prato. Dal 2012 tiene con successo il ciclo “Lezioni di jazz” presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, consulente per i film Io sono Tony Scott di Franco Maresco (2010) e Enrico Rava. Note necessarie, di Monica Affatato (2016), i suoi contributi su musica e cinema sono in dvd su Pasolini, Ciprì e Maresco, Gianni Amico. Candidato ai Grammy Awards come autore di note di copertina, da anni collabora con Radio 3 Rai come conduttore nei programmi “Mattino Tre”, “Il terzo anello”, “Body and Soul”, “Wikiradio”, “Wikimusic” ecc. Ha pubblicato diversi libri tra i quali I segreti del jazz (2008, Stampa Alternativa premio migliore libro di saggistica su musica internazionale, Festival del Libro Musicale di Sanremo), Storia del jazz. Una prospettiva globale (2012, Stampa Alternativa), Louis Armstrong. Satchmo: oltre il mito del jazz (1996, Stampa Alternativa, rieditato in versione aggiornata e ampliata nel 2018) e per la EDT Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore (EDT, 2016).

A cura di Associazione Culturale Ex B.

La leggenda del trombettista (bianco). Come il cinema racconta le vite del jazz

Gio, 06/27/2019 - 14:26

con Stefano Zenni

Si dice jazz e cinema, si legge cliché e stereotipi. Le biografie dei musicisti sul grande schermo di rado soddisfano la verità storica, senza contare le distorsioni della discriminazione razziale. Quando si parla di biografie jazz al cinema - di finzione o documentarie - ecco che spunta il musicista maledetto: meglio se trombettista; meglio se bianco, almeno in una certa fase di Hollywood; meglio se lacerato da dubbi artistici ed esistenziali, meglio se destinato all’autodistruzione. Esiste un modello narrativo, in parte realmente biografico in parte letterario, che è dietro a certi schemi di racconto del jazz al cinema. Modelli che affondano nell’ipocrisia delle relazioni razziali negli USA e nella loro rappresentazione scenica, nella mitizzazione della figura di Bix Beiderbecke, nell'esaltazione del maschilismo afroamericano, nonché nella realtà storica di una musica attraversa tanto da da slanci vitalistici quanto da conflitti sociali. Analizzando vari estratti da film e documentari, in questa conversazione scopriremo come certi luoghi comuni, intrecciate ad alcune verità, sono duri a morire, anche nel cinema contemporaneo più consapevole.

Stefano Zenni è docente di Storia del jazz e della musica afroamericana presso il Conservatorio di Bologna e Storia della Musica presso la scuola di teatro L’Oltrarno del Teatro della Pergola di Firenze. E’ stato direttore artistico del Torino Jazz Festival dal 2013 al 2017 e da più di venti anni è direttore artistico della rassegna Metastasio Jazz presso il Teatro Metastasio di Prato. Dal 2012 tiene con successo il ciclo “Lezioni di jazz” presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, consulente per i film Io sono Tony Scott di Franco Maresco (2010) e Enrico Rava. Note necessarie, di Monica Affatato (2016), i suoi contributi su musica e cinema sono in dvd su Pasolini, Ciprì e Maresco, Gianni Amico. Candidato ai Grammy Awards come autore di note di copertina, da anni collabora con Radio 3 Rai come conduttore nei programmi “Mattino Tre”, “Il terzo anello”, “Body and Soul”, “Wikiradio”, “Wikimusic” ecc. Ha pubblicato diversi libri tra i quali I segreti del jazz (2008, Stampa Alternativa premio migliore libro di saggistica su musica internazionale, Festival del Libro Musicale di Sanremo), Storia del jazz. Una prospettiva globale (2012, Stampa Alternativa), Louis Armstrong. Satchmo: oltre il mito del jazz (1996, Stampa Alternativa, rieditato in versione aggiornata e ampliata nel 2018) e per la EDT Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore (EDT, 2016).

A cura di Associazione Culturale Ex B.

Duke Ellington e Martin Luther King: nella storia afroamericana con tre re e un duca

Gio, 06/27/2019 - 14:20

con Luca Bragalini

Sul letto di morte Duke Ellington ha una sola ambascia: fornire le dritte perché i suoi arrangiatori possano portare a termine la sua ultima opera, un balletto intitolato Three Black Kings. L’ultima opera sinfonica incompiuta di Ellington è un omaggio a tre grandi Re neri della storia, dalla Bibbia alla contemporaneità; l’ultima maestà era Martin Luther King. La morte però sopraggiunge troppo presto: l’ultimo movimento è incompleto e incerto. Ma forse, malgrado siano passati oltre quattro decenni, non è troppo tardi per ritornare ad occuparci di quel fragile finale.

Luca Bragalini, musicologo, ha avuto la prima cattedra di ruolo di Storia e analisi del jazz nei conservatori italiani. Insegna al Conservatorio de L’Aquila e collabora con i conservatori di Brescia, La Spezia e Trento. Tiene masterclass in Italia e all’estero. Ha scoperto opere inedite di Duke Ellington, Chet Baker e Luciano Chailly, alcune delle quali per suo interessamento sono state eseguite e registrate in prima mondiale. Saggista e conferenziere, ha rappresentato l’Italia in diversi convegni internazionali. E’ stato Distinguished Scholar presso il Reed College (Portland, Oregon). La sua monografia Storie poco Standard. (EDT 2013) è diventata un format radiofonico e uno spettacolo teatrale. Il suo libro “Dalla Scala a Harlem. I sogni sinfonici di Duke Ellington” (EDT 2018), con allegato CD di world premiere recording e foto inedite, è il frutto di dieci anni di ricerche sull’Ellington sinfonico (è in corso la traduzione inglese). È apprezzato divulgatore della tradizione musicale afroamericana.

A cura di Associazione Culturale Ex B.

Bibele Fun & Sound

Gio, 06/27/2019 - 14:19

Eventi a cura dell’Associazione Arc.A Monte Bibele
Ore 16:30 Caccia al tesoro a Monte Bibele per bambini e famiglie: vivi l'avventura in un villaggio etrusco-celtico!
5,50 euro a persona, gradita prenotazione.

Ore 20:30  Carlo Maver in concerto
Performance artistica e percorso di ascolto sul tema etrusco-celtico nelle atmosfere suggestive del bandoneon e del flauto.
Evento gratuito, ingresso libero
In collaborazione con il Comune di Monterenzio

Over the Rainbow o dell’adeguata destinazione

Gio, 06/27/2019 - 14:13

con Luca Bragalini

Durante la tribolata lavorazione del film del 1939 ll mago di Oz, nel reparto musica filò via tutto liscio, senza intoppi. Gli unici problemi li creò una canzone che pareva non convincesse nessuno, al punto che quasi tutti erano dell'idea di cassarla. Un racconto poco standard su quella che sarebbe passata alla storia come «la più bella canzone del secolo».
Ultimo scorso dell’Ottocento. Stati Uniti. Un omone ben piantato, baffoni e riga in mezzo, svolge tutti i lavori possibili e immaginabili, dall’allevare polli ad allenare una squadra di baseball, dal dirigere un periodico per vetrinisti all’inventare varietà di crisantemi. E finisce gambe all’aria ogni volta: non un solo affare profittevole! Poi scrive un libro per bambini: Il mago di Oz. Sarà il libro più venduto dell’anno 1900 e uno dei capolavori della letteratura per l’infanzia. Quattro decenni dopo la MGM compra i diritti e ne fa un musical: le song sono squisite e sul set convincono tutti, fatta eccezione per quella che Dorothy (Judy Garland) intona nel cortile della sua grigia fattoria del Kansas, una song che racconta di un arcobaleno. Ormai i dirigenti sono sul punto di cassarla. Solo alla fine viene salvata, ma senza troppa convinzione. “Over the Rainbow”, avrebbe vinto l’Oscar, sarebbe passata alla storia come «la più bella canzone del secolo», sarebbe diventata uno standard jazz. Ma non solo.

Luca Bragalini, musicologo, ha avuto la prima cattedra di ruolo di Storia e analisi del jazz nei conservatori italiani. Insegna al Conservatorio de L’Aquila e collabora con i conservatori di Brescia, La Spezia e Trento. Tiene masterclass in Italia e all’estero. Ha scoperto opere inedite di Duke Ellington, Chet Baker e Luciano Chailly, alcune delle quali per suo interessamento sono state eseguite e registrate in prima mondiale. Saggista e conferenziere, ha rappresentato l’Italia in diversi convegni internazionali. E’ stato Distinguished Scholar presso il Reed College (Portland, Oregon). La sua monografia Storie poco Standard. (EDT 2013) è diventata un format radiofonico e uno spettacolo teatrale. Il suo libro “Dalla Scala a Harlem. I sogni sinfonici di Duke Ellington” (EDT 2018), con allegato CD di world premiere recording e foto inedite, è il frutto di dieci anni di ricerche sull’Ellington sinfonico (è in corso la traduzione inglese). È apprezzato divulgatore della tradizione musicale afroamericana.

A cura di Associazione Culturale Ex B.

I nostri ragazzi

Gio, 06/27/2019 - 14:10

B’Est Movie

Regia di Ivano De Matteo. Un film con Alessandro Gassmann, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers. Genere Drammatico - Italia, 2014, durata 92 minuti.


Un film provocatorio, doloroso, liberamente ispirato al libro "La cena" di Herman Koch. Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, 1 candidatura a David di Donatello,.
(fonte: MyMovies)

Ingresso gratuito.

Pagine