Comunale Music Terrace 018
Mario Strinati e Pietro Agosti sono due giovanissimi studenti del Conservatorio “B. Maderna” di Cesena, già ospiti dei concerti domenicali del Teatro Comunale. Si distinguono per il grande talento virtuosistico e per la capacità, nonostante la giovane età, di reinterpretare il duo chitarristico. In questo concerto, infatti, proporranno brani classici di grande difficoltà tecnica, alternandoli a brani in cui si sperimenta il suono degli strumenti elettrici in una commistione tra colto e popolare molto interessante.
Comunale Music Terrace 018
Choro è la musica strumentale di maggior rilievo nella cultura brasiliana, è un modo di suonare, un modo di vivere insieme la musica in maniera creativa.
Tati Valle, brasiliana di Londrina, cantante, strumentista e cantautrice, invita “Choro de Rua”, formato da Barbara Piperno (flauto traverso) e da Marco Ruviaro (chitarra 7 corde) per presentare un repertorio di “samba de raiz” che attinge alla fonte dello Choro. Il repertorio proposto è formato dai brani di Cartola, Noel Rosa, Jacob do Bandolim, Nelson sargento, Nazareh e Pixinguinha, che dona una cornice brasiliana a suggestioni provenienti dall’Europa e dall’Africa.
Comunale Music Terrace 018
Il giornalista e musicologo Pierfrancesco Pacoda, a 50 anni di distanza, ci racconta i movimenti giovanili del ’68 attraverso la musica dei principali musicisti, partendo dal disco “White Light / White Heat” dei Velvet Underground. La serata è un’anteprima della serie di ascolti sul ’68 che Pacoda terrà durante il prossimo Festival Bologna Modern del Teatro Comunale di Bologna nell’autunno 2018.
Comunale Music Terrace 018
15 giovani musicisti, divisi in tre ensemble, selezionati dal Soundscape Festival, ci propongono una visione fresca ed interessante del repertorio contemporaneo.
SOUNDSCAPE è una residenza per compositori, performers e direttori, che ospita a Cesena giovani artisti da tutto il mondo per sondare i nuovi percorsi della creatività musicale ed artistica, e per creare un’occasione di interscambio tra artisti provenienti da culture ed esperienze molto diverse tra loro.
Comunale Music Terrace 018
La serata è un viaggio nella poesia che mette a fuoco la vita, la rende più accesa e la conosce.
Un viaggio tra poesie classiche e moderne e contemporanee, tratte da “L’allodola e il fuoco. Le cinquanta poesie che mi hanno acceso la vita” (La nave di Teseo) e l’ultimo libro di poesie dell’autore, “La natura del bastardo” (Mondadori).
Una lettura d’autore, corpo voce, testo che danza accompagnato da “Gaspard de la nuit” di Ravel eseguito da Francesco Grano, allievo dell’Accademia Pianistica Internazionale di Imola. Una sovrapposizione che genera un percorso emotivo, fatto di parole e suoni, coinvolgente e affascinante.
La Terrazza del Teatro Comunale è aperta per aperitivi e cocktail bar dalle ore 19.00 all’01.00.
Ingresso libero fino a esaurimento posti.
Comunale Music Terrace 018
Alessandro Bonetti (violino), Manuela Turrini (fisarmonica), Claudia D'Ippolito (pianoforte) e Roberto Salario (contrabbasso) si incontrano a Bologna animati dal desiderio di riscoprire, studiare ed offrire all'ascolto brani di Astor Piazzolla, in omaggio all’idea, maturata dallo stesso Maestro, che il tango sia una musica da suonare ancor più che da ballare.
Il repertorio per quartetto, esempio grandioso del nuevo tango inaugurato dal compositore argentino, esprime meravigliosamente la dimensione originale ed innovativa conferita al tango da Piazzolla, attraverso influenze jazz, molteplici contaminazioni e sperimentazioni musicali.
Comunale Music Terrace 018
Un mix originalissimo di musica folk e jazz in arrangiamenti fuori dal comune in cui si mescola composizione ed improvvisazione, con una ricerca particolare di timbri. Dimitri Sillato (violino), Giancarlo Bianchetti (chitarra) e Pepe Medri (bandoneon, organetto, sega) si divertono mettendo in campo la loro variegata esperienza artistica.
(The Deer Hunter, USA/1978) di Michael Cimino (183')
(USA/1927) di Frank Borzage (119') | Musiche eseguite dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta dal compositore Timothy Brock
28 luglio – 1 agosto
Nella piazzetta dell’affascinante borgo medioevale di Monteacuto delle Alpi, si tiene la 10a edizione di sereNERE2018, la rassegna cinematografica curata da Andrea Morini, responsabile della programmazione della Fondazione Cineteca di Bologna. Quest’anno la rassegna omaggia il regista Giorgio Diritti che presenterà i suoi film nelle serate di sabato 28 e domenica 29 luglio. Non solo cinema però a sereNERE, ma anche presentazione di libri, dibattiti, musica dal vivo. Gian Carlo Omoboni dell’Associazione culturale bolognese Atlante (ideatore e coordinatore di sereNERE), insieme a Marco Tamarri (direttore culturale di sereNERE), presenteranno gli ospiti e dialogheranno con il pubblico. Magiche emozioni quindi a sereNERE con anche la possibilità di cenare con piatti preparati dalle famose Donne di Monteacuto sotto ad aceri e castagni e di assistere alla “cena con delitto” (a cura dei nonattori).
Sabato 28 luglio
Domenica 29 luglio
La rassegna cinematografica dedicata a Giorgio Diritti prosegue lunedì 30 luglio alle ore 21,15 con la proiezione del film “Il vento fa il suo giro”; martedi 31 luglio alle ore 21.15 con “Un giorno devi andare” e mercoledì 1 agosto alle ore 21.15 con “Con i miei occhi” e ”Milano 2015, episodio Cielo”. INGRESSO GRATUITO.
info e prenotazioni : Daniela Tantini 3497777190 www.monteacutodellealpi.org
(Italia-USA/1968) di Sergio Leone (175')
Introducono Raffaella Leone e Sir Christopher Frayling
(Det sjunde inseglet, Svezia/1957) di Ingmar Bergman (96') | Introduce Margarethe von Trotta
Soggetto: dal dramma Trämålning di Ingmar Bergman. Sceneggiatura: Ingmar Bergman. Fotografia: Gunnar Fischer. Montaggio: Lennart Wallén. Scenografia.: P.A. Lundgren. Musica: Erik Nordgren. Interpreti: Max von Sydow (Antonius Block), Gunnar Björnstrand (Jöns), Bengt Ekerot (la Morte), Nils Poppe (Jof), Bibi Andersson (Mia), Åke Fridell (Plog), Inga Gill (Lisa), Erik Strandmark (Jonas Skat), Bertil Anderberg (Raval), Inga Landgré (Karin), Gunnar Olsson (Albertus Pictor). Produzione: Allan Ekelund per AB Svensk Filmindustri. DCP
Copia proveniente da Svenska Filminstitutet
Digitalizzato nel 2018 in 4K da Svenska Filminstitutet a partire da il negativo camera originale 35mm.
Il cavaliere Antonius Block (Max von Sydow) e il suo scudiero Jöns (Gunnar Björnstrand), reduci disillusi delle Crociate, fanno ritorno nella Svezia del Trecento e la trovano in balia della peste e della disperazione. Sulla spiaggia Block incontra la Morte, e in una delle più efficaci alternanze campo/controcampo mai realizzate la sfida a una partita a scacchi per prendere tempo e poter compiere un’azione che abbia un senso. Ingmar Bergman iniziò a lavorare a Il settimo sigillo scrivendo sulla sua agenda questo appunto (la Bibi cui si riferisce è la sua compagna di allora, l’attrice Bibi Andersson): “Bibi ha ragione. Basta commedie. È ora di passare ad altro. Non devo più lasciarmi intimorire. Meglio questo di una cattiva commedia. Dei soldi non m’importa niente”. Dato che si tende a immaginare Ingmar Bergman come un intellettuale tormentato alle prese con i suoi demoni interiori, può sembrare strano che fosse felice dei suoi primi grandi trionfi come regista di commedie. Eppure era così. Adesso, però, era “ora di passare ad altro”. Il settimo sigillo segna così un punto di svolta nella carriera di Bergman. Può sembrare paradossale, ma anche se furono le commedie dei primi anni Cinquanta a spianare la strada alla carriera internazionale di Bergman, i suoi veri trionfi commerciali vennero con i successivi e ‘impegnativi’ drammi esistenzialisti come Il settimo sigillo. Il settimo sigillonacque come evoluzione di un atto unico che Bergman aveva scritto qualche anno prima per gli attori del Teatro municipale di Malmö. Nonostante le molte analogie, quello che manca nel prototipo è proprio il personaggio bergmaniano più famoso. Mi riferisco naturalmente alla Morte, volto bianco e vestito nero, che gioca la sua partita sul bianco e nero di una scacchiera in uno dei film in bianco e nero per eccellenza.
(Jan Holmberg)
(USA/1923) di Ernst Lubitsch (95')
Introduce Dave Kehr (MoMA)
Musiche eseguite dalla Mitteleuropa Orchestra, diretta da Gillian Anderson
Soggetto: Norbert Falk e Hanns Kraly dall’opera Don César de Bazan di Adolphe Philippe d’Ennery e Philippe-François Pinel. Sceneggiatura: Edward Knobloch. Fotografia: Charles Rosher. Scenografia: William Cameron Menzies. Interpreti: Mary Pickford (Rosita), Holbrook Blinn (il re), Irene Rich (la regina), George Walsh (Don Diego), Charles Belcher (il primo ministro), Frank Leigh (il comandante della prigione), Mathilde Comont (la madre di Rosita), George Periolat (il padre di Rosita), Mme De Bodamere (cameriera). Produzione: Mary Pickford per Mary Pickford Company. DCP.
Copia proveniente da MoMA – The Museum of Modern Art,New York
Restaurato nel 2017 da MoMA con il sostegno di The Louis B. Mayer Foundation, RT Features, The Film Foundation e Celeste Bartos Preservation Fund, a partire da un negativo di conservazione creato da un positivo nitrato con didascalie russe.
Un ringraziamento speciale alla Mary Pickford Foundation e al Filmmuseum München
Nel 1922 Mary Pickford, l’attrice più popolare d’America, invitò Ernst Lubitsch, il regista più celebrato d’Europa, a girare il suoprimo film hollywoodiano. Il risultato fu Rosita, uscito nel 1923. Pickford vi interpreta la protagonista, una cantante di strada di Siviglia che con le sue battute caustiche suscita – come da tradizione – dapprima le ire e poi gli ardori del re di Spagna (Holbrook Blinn). Mentre il re la corteggia sotto gli occhi divertiti e blandamente costernati della regina (Irene Rich), Rosita si innamora dell’affascinante ma decaduto aristocratico (George Walsh, fratello minore del regista Raoul) che l’ha salvata dalle grinfie delle guardie reali. Fotografato da Charles Rosher (Aurora) in ampie scenografie disegnate da William Cameron Menzies (Via col vento), Rosita rimane, per citare il biografo di Lubitsch, Scott Eyman, “uno dei film muti fisicamente più belli”. E anche uno dei più innovativi nel sostituire il linguaggio del cinema alla parola scritta. È in Rosita che si sente nettamente per la prima volta l’affiorare di quello che sarà noto come ‘Lubitsch touch’, il gesto conciso che riassume un personaggio, l’oggetto di scena che esime da pagine di spiegazioni, l’evocazione di atmosfere ed emozioni per mezzo di luci, composizione e montaggio. Per Lubitsch Rosita fu un importante film di transizione, coronamento dei film storici girati in Europa (realizzato approfittando del generoso budget e dai sofisticati mezzi tecnici di Hollywood) e insieme presagio di una nuova direzione, più intima e filosofica.
(Dave Kehr)
La musica per Rosita è stata ricostruita usando un cue sheet (una lista dei brani musicali con indicazione della scena nel film) del 1923. La base del cue sheet era la partitura perduta per il film, redatta da Louis F. Gottschalk. I quarantacinque brani sulla lista del cue sheet sono stati trovati in collezioni di tutto il mondo. Sospetto che Lubitsch, che era un bravo pianista, abbia
preso parte alla selezione della musica nella partitura di Gottschalk. La musica è bellissima ed è un esempio del fatto che se la musica viene ben selezionata, può funzionare per un film allo stesso modo di una partitura composta specificamente.
(Gillian Anderson)
precede
ENTR'ACTE (Franica/1924) di René Clair (22')
Introduce Sophie Seydoux (Fondation Jérôme Seydoux-Pathé)
Musiche di Erik Satie, eseguite al pianoforte da Daniele Furlati
Sceneggiatura: Francis Picabia. Fotografia: Jimmy Berliet. Montaggio: René Clair. Interpreti: Man Ray, Marcel Duchamp, Inge Frïss, Francis Picabia, Jean Börlin, Georges Auric, Georges Charensol, Marcel Achard, Erik Satie. Produzione: Rolf de Maré per Les Ballets Suédois. DCP. Copia proveniente da Fondation Jérôme Seydoux-Pathé
Restaurato nel 2018 da Fondation Jérôme Seydoux-Pathé presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata a partire da negato originale nitrato e da una copia depositata da Réne Clair presso Fondazione Cineteca Italiana
Entr’acte fu commissionato da Rolf de Maré, direttore dei Ballets suédois, per il balletto Relâche di Francis Picabia, in scena al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi a partire dal 5 dicembre 1924. Il balletto inizia con la proiezione di un prologo filmato in cui Erik Satie – compositore delle musiche del balletto e del film – e Francis Picabia sono sul tetto del teatro. Il film vero e proprio viene proiettato durante l’intermezzo “per far uscire il pubblico dalla sala” […] Il film mette d’accordo tutti e lancia la carriera di René Clair. Questi riesce a distanziarsi dal soggetto iniziale di Picabia realizzando un film dadaista dal montaggio dinamico e inquietante […]. Nel 1967 (anno in cui Elaine Sturtevant cerca di ricreare l’evento Relâche), René Clair ricongiungeil prologo al film ed elimina alcuni riferimenti al balletto, come la scimmia del ballerino Jean Börlin e lo schiaffo finale, definendo la versione più diffusa oggi. Il restauro restituisce la versione completa del film.
(Lenny Borger)
Cinéma, Entr’acte symponique pour le ballet ‘Relâche’ è l’ultima composizione di Erik Satie, ma è la prima, nella sua struttura basata su blocchi ripetuti diventata un modello nella musica per film. Il lavoro di sincronizzazione per questo nuovo restauro di Entr’acte è avvenuto mettendo a confronto alcuni appunti manoscritti di Satie e il manoscritto originale della partitura d’orchestra con le successive edizioni a stampa della Salabert. Esistono tre versioni per l’accompagnamento musicale dal vivo: la partitura orchestrale, una riduzione per pianoforte a quattro mani di Darius Milhaud e una per pianoforte solo, che è quella che illustrerà il film di Clair in questa versione.
(Daniele Furlati)
(Messico/1946) di Emilio Fernández (99') | Introduce il film Martin Scorsese
Sceneggiatura: Emilio Fernández, Íñigo de Martino. Fotografia: Gabriel Figueroa. Montaggio: Gloria Schoemann. Scenografia: Manuel Fontanals. Musica: Eduardo Hernández Moncada. Interpreti: María Félix (Beatriz Peñafiel), Pedro Armendáriz (José Juan Reyes), Fernando Fernández (padre Rafael Sierra), Eduardo Arozamena (Sindaco Joaquin Gómez), Miguel Inclán (capitano Bocanegra), Manuel Dónde (Fidel Bernal), José Morcillo (Carlos Peñafiel), Eugenio Rossi (Eduardo Roberts). Produzione: Benito Alazraki per Panamerican Films S.A. DCP. Durata: 99’.
Copia proveniente da UCLA Film & Television Archive e The Film Foundation’s World Cinema Project
Restaurato nel 2018 da UCLA Film & Television Archive e The Film Foundation’s World Cinema Project in collaborazione con Fundacion Televisa AC e Filmoteca de la UNAM e con il sostegno di Material World Charitable Foundation. Restaurato in 4K presso Roundabout Entertainment e Audio Mechanics
“Il cinema messicano sono io!”: a Emilio Fernández piaceva rispondere così a chi gli chiedeva dello stato del cinema nel suo Paese. Si racconta che quando un critico osò contraddire quest’affermazione pretenziosa, il regista gli puntò contro una pistola. Forse è un racconto apocrifo, ma del resto Fernández tendeva ad abbracciare la filosofia ‘print the legend’, anche se la sua vita era già abbastanza interessante da non richiedere ulteriori abbellimenti. Dopo aver ucciso un uomo da giovane e aver partecipato alla rivolta, stroncata, contro il presidente Obregón, nel 1924 Fernández finì in carcere a scontare una condanna ventennale. Presto evase e scappò in America, approdò a Los Angeles e scoprì il cinema. […] Enamorada si ispira alla Bisbetica domata di Shakespeare, con la ricca e antirivoluzionaria Beatriz nel ruolo di una bisbetica particolarmente indomabile: ci viene presentata mentre brandisce una pistola, pronta a difendersi da qualunque uomo osi avvicinarsi. […] L’influenza esercitata da Toland su Figueroa e l’immersione formativa del giovane Fernández nella patria del cinema americano sembrano contribuire alla lucente estetica hollywoodiana che percorre Enamorada. Il rapporto turbolento tra i due protagonisti ha gli alti e i bassi di una screwball comedy (anche se Rosalind Russell non tentò mai di far fuori Cary Grant), mentre le scene più tenere sono girate con l’intimità e l’estatica bellezza di una storia d’amore di Frank Borzage. […] Grazie al successo delle loro collaborazioni negli anni Quaranta, a Fernández e Figueroa viene riconosciuto il merito cruciale di aver reso visibile il cinema messicano, e le autorità considerarono Enamorada un film importante che contribuì a fissare l’identità post-rivoluzionaria del paese. La narrazione fa lentamente avvicinare, con la mediazione della Chiesa, due persone ferocemente indipendenti e politicamente contrapposte, e il momento culminante del film si rivela veramente emozionante.
(Philip Concannon)
(Madame de..., Francia-Italia/1953) di Max Ophuls (100')
Verso il Cinema Ritrovato
Soggetto: dal romanzo omonimo di Louise de Vilmorin. Sceneggiatura: Marcel Achard, Max Ophuls, Annette Wademan. Fotografia:Christian Matras. Montaggio: Borys Lewyn. Scenografia: Jean d'Eaubonne. Musica: Georges Van Parys. Interpreti: Danielle Darrieux (Madame de...), Charles Boyer (generale André), Vittorio De Sica (barone Fabrizio Donati), Lia Di Leo (Lola), Paul Azaïs (primo cocchiere), Michel Albert (secondo cocchiere), Madeleine Barbulée (amica di Madame de...), Beauvais (maggiordomo), Jean Degrave (uomo del club). Produzione: Ralph Baum per Franco London Films, Indusfilms, Rizzoli Film.
Copia proveniente da Gaumont.
Restaurato nel 2012 da Gaumont presso il laboratorio Éclair.
"Une femme très elegante, très brillante, que tout le monde courtisait...". Comincia una favola borghese. Chi è la donna di cui intravvediamo le mani, le spalle, la bellissima nuca, mentre scivola tra le pellicce, i guanti, le pieghe di seta di un guardaroba d'alto bordo? Una cortigiana, una signora di tutti e di nessuno, una madame aux camélias con cuori di diamanti al posto dei fiori in boccio? No, è solo una moglie, e il matrimonio la consegna alla menzogna e a una fatua inquietudine. Inquieto è lo sguardo di Max Ophuls, "che odiava i piani fissi" (Lourcelles), che nella controllata vertigine del movimento inseguiva la realtà (senza restare imbrigliato nel realismo); e dunque la sua macchina corre, sguscia, s'inventa volute e traiettorie mai viste, così come solo la vita sa fare - ma solo il cinema può mostrare. Madame de... è il penultimo film di Ophuls, rientrato tre anni prima dall'America dopo due noir ben allineati al canone, Caught e Reckless moment, e forte della nuova fama internazionale. I film che gira in Francia tra il 1950 e il 1955, La Ronde, Le Plaisir, Madame de... e Lola Montès, gli spalancheranno l'olimpo. Ophuls è libero di adeguarsi "alla dismisura della mia immaginazione". L'incanto della dismisura assume un bagliore antico: Danielle Darrieux attraversa i saloni, scende le scale, appare e riappare nel fruscio visivo di specchi, palmizi, colonne e coppie danzanti, con lo sfavillio e il languore di una diva da diva-film. Madame de... aggira il melodramma, lo illude, lo depista. Lo fa con la palpitante ironia delle parole ("je ne vous aime pas, ne vous aime pas, ne vous aime pas"), con la frivolezza militare da ‘grandi manovre', con Vittorio De Sica nell'amabile contenzioso alla dogana, come un attardato signor Max, con quell'unico valzer che di sera in sera allaccia più stretti i corpi di due che ancora non sono amanti - falso piano-sequenza, momento più strabiliante del cinema di Ophuls e uno dei vertici d'invenzione del cinema tutto. Eppure ci sono tracce nere, il drappo che ricopre un'arpa, un libro di preghiere che cade su una fila di scarpe da ballo (una certa idea del cattolicesimo francese fa da sfondo, e l'ultima immagine la trafigge in un primo piano crudele). Il melodramma chiude i conti, con gli strumenti che possiede, dai tempi del diva-film: un colpo di pistola, la consunzione, il crepacuore. Perché questo c'è, al di là del principio del piacere - che si tratti come qui d'una triste fastosa passione, o solo di un liebelei.
(Paola Cristalli)
Playa Bologna
Nei suoi set Rebecca Wilson riesce a far sposare le coppie più improbabili: Herbie Hancock e Bonobo, Nicolas Jaar e Billie Holiday, FourTet e Nina Simone. Porta funk e techno, soul-jazz e house, hip hop ed electro. Selezionatrice eclettica e imprevedibile, ha una particolare attenzione per i suoni black a braccetto con l’elettronica. Un andirivieni di scale musicali di epoche e generi.
Ingresso libero
In caso di maltempo l’evento verrà annullato.
Playa Bologna
“Spacca il Silenzio!”, duo polistrumentista dei fratelli Grella, punta su un folk rock mediterraneo con qualche tocco jazz e una forte impostazione cantautorale dal respiro new acoustic. La peculiarità del gruppo sta in un sound marcatamente acustico ed una musica di forte impatto che sfocia in vere e proprie perfomance da buskers.
Ingresso libero
In caso di maltempo l’evento verrà annullato.
Playa Bologna
Davide Grì. Padovano, classe '93. Entra presto in contatto con la black e la dance music. Passa alcuni mesi a Lisbona dove si innamora dell’afrobeat e della bossanova ma anche del funk e della disco made in Brazil. Davide Grì ama suonare pezzi funk e disco, unendoci l’hiphop old school e l’italo house.'
Blue Evening . Al suo debutto nel 2011 si chiamava Sheena Is, come la celebre canzone dei Ramones, poi nel 2014 è diventata Blue Evening per rispecchiare la comune passione dei due conduttori per i New Order e per il post punk in generale. Spazio anche alla scena indie ed electro, senza dimenticare mai il rock!
L’evento è realizzato in collaborazione con Radio Città Fujiko.
Ingresso libero
In caso di maltempo l’evento verrà annullato.
Playa Bologna
Mangroovia Quartet è un progetto nato nella primavera del 2015 a Bologna che pone le basi all’interno del mondo Jazz. Elementi imprescindibili in ogni esibizione sono l'interplay, i cambi di dinamiche, brevi pause improvvise e ritmi contrastanti. La formazione è composta da Vincenzo Destradis alla voce, Vincenzo Messina alla batteria, Simone Pizzi al piano e Vyasa Basili al basso.
Ingresso libero
In caso di maltempo l’evento verrà annullato.
Comunale Music Terrace 018
Un trio di eccezione con tre jazzisti di punta della scena bolognese. Cristiano Arcelli (sax), Stefano Senni (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria) rivisitano gli standard jazz con un tocco estremamente personale ed originale.